Matusalemme

È già da un po' di tempo che gli stati più indebitati emettono titoli sovrani con scadenze molto lunghe. Titoli a 50 anni o addirittura con scadenza secolare. Solo qualche giorno fa la Spagna ha collocato sul mercato circa 3 miliardi di euro in titoli con scadenza 30 luglio 2066. Prima ancora della Spagna, anche la Francia, il Belgio e l'Irlanda.

È evidente l'interesse degli stati a indebitarsi con scadenze più lunghe possibile, adesso che i rendimenti richiesti sono bassissimi. Il Tesoro italiano per il momento pare voler procedere con cautela. Ma è presumibile che si tratterà solo di aspettare un po'. Giusto il tempo per impacchettare il prodotto più adatto da proporre al mercato.

Sul probabile successo del “bond Matusalemme” - così viene già chiamato - ci sono pochi dubbi. Data la scadenza lontanissima, offrirà certamente un rendimento positivo. E basterà la prospettiva di due, al massimo tre, punti percentuali sopra lo zero per renderlo appetibile.

I rendimenti delle emissioni più liquide, di recente, sono stati veramente deludenti, è superfluo ricordarlo. I titoli a breve e medio termine stanno stabilizzando i rendimenti in territorio negativo. L'ultima asta dei BOT italiani ha piazzato 6,5 miliardi di euro con un rendimento negativo di -0,14 per cento. Molti piccoli risparmiatori potrebbero essere attratti dal bond Matusalemme. Con la speranza di far fruttare un po' il "salvadanaio", stremato dalla Zero Interest Rate Policy (ZIRP) delle banche centrali.

Il vero affare, però, lo faranno gli stati indebitati. Su questo non c'è alcun dubbio. Riuscire a farsi prestare denaro vincolato così a lungo, ad un costo irrisorio e sicuramente inferiore all'attuale costo medio del debito, sarebbe un vero terno al lotto per loro.

Al contrario dei risparmiatori, fino a oggi gli stati hanno raccolto a piene mani la manna della ZIRP. I vari LTRO e TLTRO della BCE hanno provvisto di liquidità imponente le banche, che l'hanno usata quasi esclusivamente per rimpinzarsi di titoli pubblici. Per non parlare poi del generosissimo Quantitative Easing (QE). E ora coglieranno le ultime opportunità prima che questa fase di repressione finanziaria si chiuda. Sfrutteranno l'attuale curva dei rendimenti indebitandosi a lunghissima scadenza, con prestiti che di fatto sono come gli irredimibili di mussoliniana memoria.

Il leviatatano riuscirà ancora una volta nel suo intento. Coi tempi che corrono, come si diceva, la prospettiva di un paio di punti percentuali sopra lo zero è più che sufficiente ad attrarre il risparmio. Tanto quello di fondi pensione e assicurazioni, i cui bilanci in questo momento cominciano a sentire forte i morsi della ZIRP, quanto quello dei piccoli risparmiatori. Per le banche non sarà difficile piazzare il nuovo prodotto.

Anche perché, a dispetto di tutte le tecniche di portafoglio e in barba a Markovitz e Sharpe, l'errore cognitivo del piccolo risparmiatore “fai-da-te” è sempre lo stesso: lui guarda il rendimento ma non il rischio. E se chi gli vende il titolo è bravo a elogiare le cedole e mettere in ombra i pericoli il gioco è fatto. D'altro canto, il risparmiatore “fai-da-te” è rimasto fregato sempre così. Dai tango-bond alle più recenti obbligazioni subordinate, solo per fare due esempi noti.

Il bond Matusalemme, a dispetto del nome che fa pensare ad età avanzata, saggezza, calma e tranquillità, è un prodotto speculativo. Indicato più per investitori istituzionali, che ne possono trarre vantaggio attraverso arbitraggi e swap. Non certo per il tranquillo risparmiatore in cerca di una tranquilla obbligazione. Quella di “tranquilla obbligazione” è una caratteristica che molti si ostinano a vedere ancora nei titoli sovrani, nonostante questi ultimi si trovino a tutti gli effetti nell'occhio di un ciclone.

È una cosa che tutto sommato si può anche comprendere. È la forza dell'abitudine. Ma “tranquilla obbligazione” è una caratteristica che si addice veramente molto poco al bond Matusalemme. Basta una piccola variazione dei tassi di interesse sul mercato per imprimere oscillazioni molto forti al prezzo. Tanto più marcate quanto più è fissa la cedola e lontana la scadenza.

È un prodotto che potrà generare forti guadagni ma anche pesanti perdite in conto capitale. In linea di principio non c'è nulla di male in questo. Un investitore consapevole di ciò che acquista, di fronte a un gioco equo, è ben libero di accettare la scommessa sull'andamento futuro dei tassi. Se scenderanno guadagnerà, se saliranno perderà. E il discorso speculare vale per il suo debitore. Purtroppo, nel momento storico in cui ci troviamo, non sarebbe esattamente questo il gioco. Nella situazione attuale, creditore e debitore non partirebbero da posizioni equivalenti. Il debitore, cioè lo stato, partirebbe da una posizione di vantaggio, visto che la volatilità del prezzo in futuro si esprimerà solo in una direzione: la riduzione.

Non è in questione “se” questo succederà, ma solo “quando” succederà. Perché i tassi in futuro potranno solo salire. Magari non immediatamente, forse non nell'arco dell'anno o del biennio. Ma nell'arco di un periodo superiore al decennio non vedo alternative. Il QE non può durare in eterno.

Quando questo succederà, a pagare salato sarà chi si ritrova col cerino in mano, cioè con Matusalemme nel portafoglio. Di tutto ciò è probabile che il comune risparmiatore, afflitto dal noto problema di distorsione cognitiva, non si avveda. Ma questo è solo un primo problema. Poi ce n'è un altro. L'asimmetria informativa, che gioca ancora una volta a vantaggio dello stato debitore.

Non si può negare, infatti, che sul timing del rialzo dei tassi di interesse il tesoro emittente abbia informazioni privilegiate. E che comunque la banca centrale, che fino a oggi ha impostato la politica monetaria per salvare dal default gli stati più indebitati, stabilirà quel timing anche in funzione delle esigenze dei debiti pubblici.

Tutto ciò premesso, se mi è consentito formulare una ipotesi estrema, quello che profila all'orizzonte è un enorme problema di azzardo morale. Nel quale, praticamente, il risparmiatore inconsapevole viene spedito in mezzo alla tempesta con un cerino in mano. Cosa della quale lui si avvederà quando il cerino sarà ormai spento.

Il fatto che i titoli saranno acquistati prevalentemente da fondi pensione, assicurazioni e investitori istituzionali non sposta di molto il problema. Perché l'esperienza ci ha insegnato che a pagare le perdite delle banche e degli investitori istituzionali sono sempre e comunque contribuenti e risparmiatori.