Omosessuali Iran

Appena concluse le elezioni in Iran, la stampa occidentale ha urlato alla vittoria dei ‘moderati’. In Italia si discute molto di diritti civili e coppie omosessuali. Ma cosa accade nell’Iran dei ‘moderati’?

In Iran l’omosessualità è considerata un reato: si può essere condannati al patibolo, e spesso dei ragazzi vengono uccisi dai loro stessi genitori perché, per una questione di onore, non è possibile per loro accettare un figlio gay. Nei primi anni ‘80, per esempio, 70 persone sono state trucidate dopo aver tentato di organizzarsi in un’associazione gay e lesbica.

Altri 100 omosessuali sono stati condannati a morte nel 1992 dopo un’incursione della polizia a una festa privata. Non si può sapere con certezza quanti omosessuali e quante lesbiche siano stati uccisi nel paese dall'avvento del regime islamico perché molte esecuzioni sono avvenute in segreto e perché spesso le famiglie ed i parenti delle vittime tendono a coprire la vera ragione della condanna a causa delle forti pressioni sociali associate all'omosessualità.

Un altro fattore che impedisce un'accurata stima delle esecuzioni è il ricorso del regime all'accusa di omosessualità per screditare ed eliminare gli avversari politici, come è successo nel 1992 a Shiraz, dove è stato giustiziato un leader musulmano sunnita, il dottore Ali Mozaffarian, con l’accusa di sodomia. La pena di morte non si applica solo alla sodomia, ma anche alla ripetizione di reati minori come la masturbazione reciproca.

L’omosessualità in Iran è considerata in tutto e per tutto una ‘malattia’, e in quanto tale si sostiene che sia possibile ‘guarirla’. Negli scorsi anni, numerosi sono stati i giornali che hanno evidenziato come l’omosessualità, in Iran, venga ‘curata’ attraverso un’operazione chirurgica: quella per cui si può cambiare sesso. Le cifre sono disarmanti: dai 170 del 2006, ai 370 del 2010. Un chirurgo ha ammesso alla BBC di aver compiuto, da solo, più di 200 operazioni nel solo 2013.

Sono numerosi i giovani e gli adolescenti, maschi e femmine, che vengono spinti a farsi operare dagli psicologi delle strutture statali, quando, ancora adolescenti, non sanno nemmeno precisamente cosa significhi essere omosessuali. A questi giovani viene promessa una nuova documentazione con il nuovo sesso e un piccolo prestito finanziario. Tale ‘assistenza’, tuttavia, dura solo fino al giorno dell'operazione. Successivamente, al contrario di quanto era stato promesso, vengono abbandonati al loro destino, e numerose, com'è facile immaginare, sono le problematiche psicologiche che vengono riscontrate.

In base al nuovo codice penale islamico varato nel 2013, gli atti omosessuali, tranne la sodomia, sono puniti con 31-99 frustate. La relazione omosessuale tra donne in cui vi è contatto tra genitali viene punita con 100 frustate. Come ha denunciato l’International Lesbian Gay Bisexual Trans and Intersex Association (Ilga), l’Iran è uno dei tre Paesi asiatici in cui l’omosessualità è punibile con la pena di morte, insieme ad Arabia Saudita e Yemen. Tanto che molti omosessuali iraniani vivono da rifugiati in altri Paesi.

Per comprendere realmente come le autorità religiose guardino all’omosessualità, comunque, basterebbe analizzare le parole delle massime autorità religiose della Repubblica islamica. Nel settembre 2014 la Guida Suprema dell’Iran, Ali Khamenei, ha descritto le ragioni per le quali l’Occidente, a suo parere, è destinato a decadere.

Prevedendo un nuovo ordine mondiale dominato dalle religioni, prima fra tutti l’Islam, il Rahbar ha affermato che la cultura occidentale è in via di estinzione perché troppo incentrata a rincorrere slogan quali i ‘diritti umani’ e la ‘democrazia’. Non solo: a detta di Khamenei, l’Occidente è anche colpevole di aver snaturato il ruolo della donna, sostenendo movimenti come quello femminista che ‘hanno rovinato il genere femminile’. Dopo aver ricordato che oramai il Corano ha sempre più successo in Europa, Khamenei ha attaccato la concezione del sesso in occidente. In particolare, guarda caso, l’aver trasformato ‘l’omosessualità in un valore’.