Partendo da un articolo di Benedetto Della Vedova, apriamo una riflessione a più voci sulla paradossale impoliticità della proposta politica liberale in Italia. Critiche, autocritiche, analisi e impegni di autori diversi, più o meno interessati e partecipi alle sorti della "causa".

Fabbrica maschere

Il dibattito in corso su Strade a proposito del futuro del liberalismo in Italia mi avrebbe interessato di più alcuni anni fa: col passare del tempo il pessimismo ha preso il sopravvento, indipendentemente da quanto il liberalismo sarebbe importante per il futuro del paese. La riflessione, comunque, deve riguardare (almeno) sei problemi.

Una rivoluzione contro i decision-maker: le riforme liberali vanno contro gli interessi di chi comanda, perché ne riducono i poteri. Ve lo immaginate un politico che dice “ho troppi poteri”? O i dipendenti pubblici che votano contro la propria illicenziabilità? O il trombato che si espone contro i CDA delle partecipate? Le riforme liberali vanno contro gli interessi di chi dovrebbe scriverle e implementarle.

Una rivoluzione contro i gruppi di pressione: non potete andare da Trenitalia, Alitalia, Poste a chiedere fondi per un partito che ne propone la privatizzazione; o andare dai tassisti con una piattaforma pro-Uber; o cercare finanziamenti da banche che vorreste lasciar fallire. I gruppi così forti da poter supportare un partito sono abbastanza forti da poter ottenere privilegi dallo Stato; quelli così deboli da trarre vantaggio dall’abolizione dei privilegi altrui sono troppo deboli per portare avanti istanze politiche.

Una rivoluzione contro il voto di scambio: avete presente l’ultimo film di Zalone? Pensate di poter fare concorrenza al personaggio interpretato da Lino Banfi, il politico del posto fisso che regala a tutti esistenze serene? Spesa e legislazione sono strumenti per acquisire consensi: chi li usa ha un vantaggio competitivo. E più il voto di scambio si diffonde, più diventa irreversibile: “la Prima Repubblica non si scorda mai.”

Una rivoluzione contro la cultura nazionale: considerate le idee che vanno per la maggiore in Italia, dalla menzogna secondo cui lo Stato rappresenti l’interesse generale ai tanti luogo-comunismi come “è colpa della globalizzazione/austerità”, e chiedetevi cosa sarebbe dei nostri maître à penser – registi senza spettatori, giornalisti senza lettori, opinionisti senza titoli – senza fondi pubblici. Un luogo comune ripetuto mille volte diventa verità.

Una rivoluzione contro irrazionalità e ignoranza: è la struttura del dibattito pubblico a minarne la qualità. Se scelgo un’automobile mi informo, chiedo consigli; ma se scelgo un’opinione, non mi curo di informarmi o riflettere perché lo scopo è sentirmi giusto e accettato. L’intelligenza non dà un vantaggio competitivo, e correggere un luogo comune richiede un investimento intellettivo che pochi sono disposti a fare.

“E allora lei è imbecille nel senso che imbelle”: ho appena detto che gli elettori sono ignoranti, come se venissi da un altro pianeta. I liberali non fanno nessuno sforzo di essere piacevoli, conosciuti, comprensibili. Si dividono tra gli estremisti che chiedono l’impossibile per sentirsi a posto con la propria coscienza, e i moderati il cui scopo è sopravvivere a un mondo politico in cui vivono precariamente. E litigano tra loro.

Lasciate ogni speranza? Non necessariamente. Le élite politiche saranno anche illiberali, ma la loro posizione dipende dalla sopravvivenza della polis. Le lobby preferiranno sempre bloccare l’accesso ai nuovi arrivati, ma l’innovazione crea anche nuovi gruppi di pressione. La democrazia si fonda sulla compravendita di voti, ma sempre più persone sono al di fuori del sistema clientelare “grazie” alla crisi. La comunicazione politica è emotiva, ma non tutto ciò che è ragionevole deve essere noioso.

Esiste, è vero, un vuoto di creatività, ma i problemi del liberalismo derivano dal funzionamento della democrazia: il che non sarebbe un problema se non fosse una questione di vita o di morte, come dimostrano decenni di declino. Se la diagnosi è radicale, deve esserlo anche la terapia: è necessario capire che la soluzione è limitare i poteri dello Stato, a partire da quelli regolativi e tributari, alla base della compravendita di consensi, di fronte alla quale i liberali saranno sempre svantaggiati.