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Si presenta come una alternativa radicale, ma da molti punti di vista il M5S non ha segnato una svolta, bensì il culmine dei processi culturali e politici che hanno deteriorato l'immagine e compromesso il funzionamento della democrazia italiana.

Lo straordinario successo grillino del 2013 ha chiuso il ventennio bipolare, anche dal punto di vista formale. Però l'onda anomala del voto e dell'antagonismo pentastellato non ha fatto irrompere nel Palazzo temi o valori negletti. Al contrario, ha riciclato e estremizzato clichè e cattive abitudini da tempo presenti nel nostro mercato politico e, a loro modo, tradizionali. Come è possibile confezionare esplosivi mischiando ingredienti di uso comune, così il M5S ha fatto detonare una miscela di frustrazione, luogo-comunismo, pensiero magico, dietrologismo e culto della diversità e della personalità: sostanze che erano da tempo presenti nei depositi della destra e della sinistra italiana, ma che erano diluite (e parzialmente neutralizzate) in un offerta politica ancora "istituzionale".

Da Mani pulite in poi non sono mancati araldi e vendicatori provvidenziali della sofferenza (e dell'insofferenza) del popolo, ma nessuno di loro - si pensi a Di Pietro - si è mai pienamente emancipato da una sostanziale subordinazione allo schema bipolare della politica ufficiale. Chi ci ha provato, come Bossi, è poi dovuto tornare indietro perché la sua istanza territorialista era troppo concreta per potere del tutto affrancarsi dalla realtà di un potere non solo conteso, ma praticamente esercitato.

Il vaffanculo di Grillo è stato invece l'innesco liberatorio di un potenziale dirompente, la piena autonomizzazione della protesta antipolitica e la completa dissoluzione di qualunque confine ideologico alla fantasia destruens. I sentimenti tellurici di un elettorato, che il timore per la fine della stagione del benessere fomentava alla rivolta morale contro i politici ladri e traditori, non sono più stati contenuti dal M5S in proposte, per così dire, di governo, ma sono stati sciolti da ogni condizionalità politica-finanziaria e logico-razionale.

Il M5S non ha alcun problema a chiedere l'impossibile, ma ne avrebbe al contrario moltissimi se provasse a ordinare in modo realistico e a esercitare in modo responsabile i termini di quel mandato, che i suoi rappresentanti ricevono e devono corrispondere nella sua assoluta e insuperabile indeterminatezza. La traslazione della politica dal superego al subconscio, realizzata dal Movimento 5 Stelle, è obiettivamente fenomenale. Ma pesca negli stessi umori e nello stesso pensiero negativo in cui la politica italiana ha bivaccato per due decenni.

Perfino il modello organizzativo scelto dai 5 stelle, al di là del formale alloggiamento telematico delle truppe militanti, è quello del partito personale e proprietario, che il leader si intesta per tutti gli aspetti giuridico-economici (rappresentanza, disponibilità del contrassegno elettorale, titolarità dei diritti e dei finanziamenti conseguenti alla presenza istituzionale), lasciando agli iscritti il piacere di scannarsi democraticamente a valle del suo potere sovrano. La vicenda del cambio di denominazione con l'esclusione grafica del titolare non smentisce, ma conferma questo schema, se è vero - ma non abbiamo davvero ragione di dubitarne - che Grillo aveva già brevettato tre anni fa (a proprio nome) il simbolo formalmente "degrillizzato" che gli iscritti del Movimento hanno scelto democraticamente ieri, in sostituzione del precedente.

Che il partito di Grillo non rechi più nel logo il nome del proprietario non cambia niente della sua realtà e della sua sostanza. Gli elettori grillini ovviamente se ne infischiano. Il board o direttorio della truppa pentastellata, diviso da invidie e gelosie che sono troppo umane, ne saranno un po' contenti e un po' no. Lo spettacolino democratico a uso interno avrà lasciato un po' di morti e di feriti, come sempre fa la politica negli scontri di potere, anche in quelli antipolitici. Ma l'anima del messaggio continuerà a riposare nelle distopie democratiche di Casaleggio e nel miracolo psico-politico di un non-partito buono per tutti gli usi e i desideri.

@carmelopalma