dilmarousseff

PIL in caduta libera a -1.9%; disoccupazione in aumento al 7.6%; inflazione fuori controllo al 9.49% (la meta era il 4.5%); il Real che in un anno cade del 53% (contro dollaro) da 2,4 a 4,1 (in una economia povera è un tipico e forte sintomo della crisi). Concorsi pubblici di tutto il Paese bloccati, vari programmi sociali chiusi da un giorno all’altro. Per strada, i negozi chiudono uno dopo l’altro e i cartelli "affittasi" sono già scoloriti dopo mesi di sole; nei quartieri ricchi, gli uffici pubblici sono chiusi per lo sciopero dei dipendenti che chiedono aumenti di stipendio.

Negli ultimi giorni è arrivata la ciliegina sulla torta: la Corte dei Conti (TCU) considera irregolari i conti del governo nientepopodimenoché per un valore di 106 miliardi. Praticamente il governo ha truffato, non ha trasferito fondi a Enti pubblici e non ha pagato fornitori in modo che il budget apparisse in positivo (una tecnica che qui chiamano "pedaladas fiscais"). Conseguenze: lo Stato ha potuto continuare a fare spese che non avrebbe potuto fare e ha portato al fallimento centinaia di fornitori.

La Petrobras (gigante statale del petrolio, la più grande impresa del Paese) è in forte crisi e sotto indagine da parte di varie Procure, per diversi scandali di corruzione. La Odebrecht (altra impresa enorme, la più grande nel ramo delle costruzioni) ha già licenziato in massa ed il suo Presidente è in carcere. Tutto il settore delle costruzioni e il big business in generale era cresciuto grazie a programmi di incentivi e sussidi indiretti, linee di credito statali a tassi agevolati. Come tutte le bolle...boom! É il Crony Capitalism patrimonialista latino: tutti i miliardari sono legati allo Stato, generazioni di banchieri, famiglie di costruttori e grandi imprese con l’aiutino della più grande Banca di Sviluppo del mondo (BNDES) che redistribuisce regressivamente il 15% del PIL .

Ad agosto scorso, l’incumbent Dilma Rousseff aveva stampato 25 mld di fiat money per stimolare l’economia, poco prima delle elezioni. Il conto sarebbe arrivato solo a giochi fatti. Oggi, dopo averlo negato per molto tempo, il governo ha finalmente ammesso un buco di 30,8 miliardi, e per coprirlo, invece di tagliare la spesa, vuole aumentare le tasse - solo temporaneamente, dice il Ministro dell’Economia Levy. Ma il governo non ha più la forza di far approvare la proposta impopolare, visto che i soldi della Petrobras e della corruzione per ottenere voti in Congresso sono finiti. È il "Political Business Cycle a la carioca”: la presidente Dilma Rousseff, già al 7.7% di popalarità e attorniata da vari scandali di corruzione, ora potrebbe anche passare per un processo di impeachment.

La popolazione non vuole nuove tasse e protesta in piazza, ma è la Costituzione stessa (con ben 245 articoli!) che imbriglia la situazione. Il 90% della spesa è obbligatorio, attraverso misure come l’aumento automatico degli stipendi pubblici, la conseguente indicizzazione di quelli privati, gli investimenti minimi in aree come salute e istruzione, costosi “diritti acquisiti” come nel caso delle pensioni, vari obblighi di spesa per i Comuni e i vari Stati della Federazione. In Brasile è stata “costituzionalizzata" l’inefficienza.

Il Brasile della crescita è finito. Le riforme degli anni ’90 avevano stabilizzato l’economia, la crescita mondiale e la domanda cinese di materie prime avevano permesso a Lula di diventare il "padre dei poveri". Il Brasile è cresciuto dal lato della domanda e ora "i soldi degli altri" sono finiti. La produttività è stagnante dagli anni ’80, il debito privato è altissimo; nell’Index of Economic Freedom è ormai al 118º posto tra i Paesi Mostly Unfree. Si tratta del sistema fiscale più complesso al mondo (2600 ore annuali solo per capire come pagare le tasse) e del Paese più chiuso al mondo (import e export sono solo il 12.6% del PIL). O si cambia, o si muore.