Calderoli

Nell'esame del disegno di legge Boschi, gli opposti estremismi ostruzionisti e governisti rischiano di lasciare in eredità all'Italia non solo una riforma costituzionale discutibile e tuttavia non "eversiva" (malgrado i professionisti dell'allarme democratico, raggruppati da Libertà e Giustizia, si affannino a sostenere il contrario), ma anche e soprattutto la completa disarticolazione del processo legislativo, affidato di volta in volta a mediazioni à la carte e ad acrobazie interpretative discrezionali, per tamponare le emergenze e colmare i buchi della disciplina e della prassi regolamentare.

È evidente che il regolamento delle camere è spesso un pezzo di passato che il presente politico si incarica di dimostrare insufficiente o anacronistico. Accadde nella seconda metà degli anni '70, quando l'ostruzionismo radicale indirettamente dimostrò l'incompatibilità di un regolamento assembleare con una politica non consociativa.

Accade oggi con l'ostruzionismo leghista e grillino, che dimostra l'inservibilità di un regolamento bipolare in un quadro politico post-bipolare, in cui la dialettica dell'alternanza tra maggioranza e minoranza, entrambe interessate a salvaguardare il funzionamento delle istituzioni, lascia spazio al sabotaggio generalizzato del potere di governo (e della capacità di auto-governo della politica) da parte di opposizioni nichiliste, che intendono fare delle camere un palcoscenico di rovine. L'ostruzionismo ai tempi della "Casta" mutua dalla retorica antipolitica una violenta inclinazione anti-istituzionale.

Di fronte a tutto questo, né la Presidenza del Senato, né il Governo sembrano impegnati a "normalizzare" la situazione, ma solo a contrapporvi per rimedio anomalie uguali e contrarie. Grasso da settimane si riserva enigmaticamente scelte che rimanda di giorno in giorno, nella speranza che compromessi politici dell'ultima ora gliene risparmino il peso. Il tutto in uno scontro sempre meno sotterraneo, ma anche sempre meno leggibile con il Capo del governo, che gli chiede modi e tempi più sbrigativi e a cui il Presidente del Senato resiste allusivamente, secondo uno stile decisamente "vetero-politico".

Dall'altra parte, sul fronte della maggioranza, più o meno risolte dopo mesi di tira e molla le tensioni all'interno del PD - ma anche su quel fronte i problemi non sono finiti - si teorizza di risolvere la pratica con pochi giorni e con poche votazioni, con un uso nucleare del cosiddetto "canguro", come se i ritardi nella road map per il referendum confermativo 2016 dovessero essere recuperati tutti in una manciata di ore, tra questa settimana e la prossima.

Questo avviene in un clima surreale, dove, malgrado l'irricevibilità dichiarata per svariate decine di milioni di emendamenti leghisti prodotti da un algoritmo, ne sopravvivono altre svariate centinaia di migliaia, su cui, articolo per articolo, il Presidente del Senato si pronuncerà a sorpresa. Peraltro, la madre di tutti gli accordi - quello sulla para-elettività del Senato - è racchiusa in un testo equivoco e volutamente ambiguo, in cui chiunque può leggere ciò che preferisce.

Saggezza vorrebbe che chi ha in mano il timone della legislatura - cioè la maggioranza di governo - si preoccupasse non solo di schivare, ma di prevenire i colpi legati a un uso istituzionalmente suicida delle prerogative regolamentari. L'ostruzionismo kamikaze non può trovare ostacoli solo nel senso dell'opportunità - perché c'è chi oggi ritiene patriotticamente opportuno sfasciare tutto - né in un uso sistematico di strumenti del tutto eccezionali da parte dei vertici delle istituzioni. Se servono regole diverse e nuovi parametri, anche quantitativi, per impedire che le camere schiantino sotto tonnellate di carte che alla fine nessuno scrive e nessuno legge, ma una macchina automaticamente stampa, un'altra inoltra e una terza archivia, bisogna introdurle con la consapevolezza che oltre a scongiurare un sabotaggio si sta comunque toccando un nodo sensibile della costruzione democratica, cioè il modo in cui il Parlamento discute e approva le leggi.

Non è credibile che si facciano settimane di polemiche sui giornali e neppure una riunione della Commissione Regolamento, per affidare almeno la prassi a criteri riconosciuti come tali. Anche il diritto parlamentare è evolutivo, ma deve rimare diritto, cioè regola, non semplice buon senso esercitato da presidenti di buona volontà.

Anche perché va messo nel conto che domani a un Calderoli non tocchi più di vice-presiedere e sabotare la camera che vice-presiede, ma di presiederla e di farla marciare spedita. Visti i precedenti, in assenza di regole di diritto chiare e univoche, potrebbe usare la tagliola non con la prudenza di Grasso, ma con la stessa spregiudicatezza nichilista con cui oggi usa il generatore automatico di emendamenti.

@carmelopalma