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Prima di scrivere questo articolo, abbiamo consultato la mappa dell’Europa, dall’estremo nord della Finlandia al sud della Sicilia, dal Portogallo bagnato dall’Oceano Atlantico fino a Cipro levantina. L’Europa non sarà mai solo un’espressione geografica, perché è una grande, variegata e plurale comunità di nazioni, culture, lingue, confessioni religiose, pensieri politici e individui che da secoli si incontrano, si scontrano, si ibridano e costruiscono una storia comune.

Le cose che uniscono gli europei si capiscono spesso “per differenza”, quando le confronti con il resto del mondo, soprattutto quello difficile e a volte minaccioso che vive al di là del Mar Mediterraneo. Abbiamo più che mai bisogno di un’Europa fiera e orgogliosa di essere la patria della libertà e della democrazia, una terra promessa per chiunque voglia costruire il proprio futuro e quello dei propri figli secondo i valori della pace, della tolleranza e del rispetto reciproco.

Non vogliamo cadere negli stereotipi di chi dice che la Grecia va aiutata perché è la culla della civiltà europea. Preferiamo dire, perché lo crediamo fermamente, che i greci di oggi meritano una possibilità di riscatto perché sono loro - e non solo i loro antenati - una parte fondamentale della nostra patria europea. I greci di Atene o di Salonicco che quotidianamente lavorano, commerciano e fanno impresa con noi italiani, con i tedeschi o i francesi. I greci che vivono in quelle isole a pochi chilometri dalle coste turche, in quei luoghi meravigliosi dove Cristianesimo e Islam si guardano negli occhi. I giovani greci che studiano nelle università europee o che lavorano nelle principali città del Continente, destinati a posizioni di vertice e di prestigio.

Tuttavia, merita una opportunità solo chi vuole averla, chi s’impegna per averla. Con il referendum di domenica 5 luglio, la Grecia è di fronte ad un bivio, molto più netto di quanto il premier Alexis Tsipras o Yanis Varoufakis vogliano far credere agli elettori ellenici. Se, come auspichiamo, i greci voteranno sì al piano di ristrutturazione fiscale, di riforme e di aiuti proposto dall’Eurogruppo, allora l’Unione Europea non potrà esimersi dal proprio dovere morale e storico di sostenere in modo generoso un popolo che avrà scelto con lealtà di onorare i propri debiti, anche compiendo grandi sacrifici in materia di pensioni, di tasse e di spesa pubblica. Se vince il popolo del “Nai” (sì in greco), la Grecia avrà dato a tutti noi la chiave di volta per rinvigorire il sogno di una nuova Unione, che chiede ai propri paesi membri un’alta dose di responsabilità, ma che in cambio sa offrire opportunità, solidarietà e libertà.

Se domenica i greci scommetteranno sull’Europa, noi crediamo che dal giorno dopo spetti all’Europa - a cominciare dai paesi più ricchi e solidi - assumersi la responsabilità di superare il paradigma della sola austerità in favore di un grande piano di rilancio della competitività, dell’innovazione e dell'integrazione dell’intera economia europea, con un’attenzione particolare alla Grecia e ai suoi cittadini. Domenica i greci hanno nelle loro mani l’opportunità di mostrare una visione innovativa, lucida e possibile, all’intera opinione pubblica europea.

Votando sì, domenica la Grecia ha la possibilità di costringere la Germania e gli altri grandi paesi europei ad assumersi una responsabilità e una leadership che finora tutti hanno eluso. Tanti secoli fa i greci, conquistati dai romani, finirono per essere i veri ispiratori culturali e morali del grande Impero. È tempo che i greci di oggi smettano di sentirsi intrappolati in un paese povero e periferico e che inizino a scommettere su se stessi, sul loro paese e sulla loro capacità di diventare leader di tutta Europa.

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