Sarebbe sbagliato e ingeneroso rubricare l'addio di Sandro Bondi a Forza Italia alla voce "diserzione". È invece un paradossale esercizio di coerenza, secondo la misura e l'inquietudine di un uomo pubblico consumato da un "privato politico" di innamoramenti e disamori, trasporti e contraddizioni, che aveva scelto Berlusconi come un autore sceglie il suo personaggio e rimane tenacemente fedele all'idea che aveva di lui, più che a quella che lui dava di sé.

Sandro Bondi

In un mondo – quello dell'inner circle, della corte politico-familiare e del partito cosiddetto personale – in cui si sentivano tutti dei Berlusconi in piccolo, Bondi ha scelto di fare il berlusconiano in grande, preferendo confondersi con Apicella che con Tremonti e con le groupies del Cav. ammassate davanti al Palazzo di Giustizia di Milano piuttosto che con gli altri dirigenti politici convinti di vivere di vita politicamente propria. Quando c'è stato bisogno – nella stagione della macchina del fango e dei giochi sporchi contro i "traditori" – ha anche offerto un afflato apostolico e religioso al centralismo carismatico imposto al partito anarchico e monarchico con lo stile plumbeo e poliziesco della disciplina leninista.

È stato un politico irregolare, metafisico e poetico, incline a mostrare e non a nascondere le debolezze e i sentimenti, consonante pure nelle delusioni con le speranze di un elettorato invaghito della profezia del Cav. e alla fine frustrato dal nulla di fatto. Se del ventennio che abbiamo alle spalle non è stato il protagonista più rappresentativo e potente, è stato antropologicamente il campione più esatto e persuasivo, proprio perché "smisurato", dell'erotismo politico berlusconiano e della sua drammatica vanità.

Mentre tutto si sfascia e anche i dirigenti più fidati, a partire da Verdini, scelgono di giocare in proprio, Bondi decide invece di non giocare più e se ne va nella terra di nessuno del Gruppo Misto, a ripetere la verità che sente oggi più sua e forse pure più berlusconiana: che la festa è finita, che la scommessa di governo trasmutata nella contesa per una rendita di potere sempre più residuale e subordinata è un fallimento storico e che tutto quel che rimane della speranza che aveva guidato i seguaci della "rivoluzione liberale" si muove ormai fuori dai canoni e dal perimetro del partito del Cav.

È pure possibile – chissà – che, all'inseguimento del sogno che definirebbe "olivettiano", Bondi chiuda la sua carriera politica a sostegno del governo Renzi, che appare il vendicatore più implacabile della sinistra sbagliata e l'interprete più originale e spericolato della sinistra giusta. Proprio quella che l'ex braccio destro di Berlusconi non aveva timore a intestare al Cav. e di rivendicare a suo merito, dopo la mezza vita politica di illusioni e di carambole che l'avevano portato ad Arcore.

@carmelopalma