Si è riacceso il dibattito sulla proposta di liberalizzazione dei farmaci di fascia C. Piercamillo Falasca ha, qui su Strade, già espresso un punto di vista favorevole alla riforma della distribuzione al dettaglio dei farmaci. Ricollegandomi al suo articolo, vorrei elencare una serie di "falsi miti" che accompagnano il dibattito e che sono spesso citati dai critici dei tentativi di riforma e rispondere, punto per punto.

farmaci

1. La Corte Costituzionale e la Corte di Giustizia Europea si sono espresse contro la riforma.

Non è vero. Se si leggono per intero le sentenze (non limitandosi ai passaggi finali del dispositivo), se ne capisce la ratio. Entrambe le Corti non entrano nel merito. Si limitano a una valutazione di razionalità interna del sistema giuridico e regolatorio: nella misura in cui il Legislatore ordinario nazionale ha ritenuto che le limitazioni allo svolgimento dell'attività fossero necessarie per salvaguardare interessi superiori (salute, costanza del servizio...), allora trova conferma la bontà dell'assetto attuale. Un "circuito chiuso" che esclude ogni tipo di ripensamento complessivo della distribuzione. La pianta organica è necessaria perché nel frattempo ci sono il limite alle catene di farmacie e il limite alla titolarità. Il limite alle catene è ininfluente perché nel contempo c'è la pianta organica.

2. La natura pubblicistica del "contratto iniziale" tra Ssn e rete di farmacie.

L'attività delle farmacie trae origine da un atto concessorio con cui il Pubblico ha demandato a operatori privati lo svolgimento di servizi essenziali di pubblica utilità. Nulla da dire sulla lettura giuridica, che non implica, tuttavia, che i termini della concessione non possano essere rivisti, soprattutto a distanza di tanti anni e soprattutto quando a chiederlo è lo stesso soggetto pubblico che rappresenta uno dei due contraenti l'atto concessorio. Le iniziative di legge ministeriali (come la bozza "Guidi") rientrano nelle modalità di formazione delle scelte pubbliche (essendo il vaglio finale del Parlamento). La natura concessoria non pone l'attuale assetto regolatorio delle farmacie al di sopra dei processi di riforma: l'atto concessorio non ha natura fondativa costituente.

3. L'universo frastagliato delle farmacie, con molte realtà in sofferenza.

Se si facessero indagini dettagliate su altri ambiti delle professioni, si scoprirebbe che la sofferenza, soprattutto delle realtà piccole, è un tratto comune. È tutto il mondo del lavoro che sta vivendo un momento difficile e di cambiamento. Dovremmo contingentare anche il numero degli ingeneri? Dal loro operato dipende la sicurezza di edifici e infrastrutture. Dovremmo contingentare il numero dei medici e dei dentisti per sostenere i loro redditi e garantire la qualità delle loro prestazioni? Il parallelo coi tassisti viene rigettato dai farmacisti per non comparabilità tra le professioni, ma (a loro non piacerà) le radici giuridico-economiche dei due casi sono simili. Il servizio taxi avviene con rilascio di licenza (prima che qualche esperto di diritto colga l'occasione di sottolineare che concessione e licenza non sono la stessa cosa, lo sottolineo subito). Se si cancella il numero contingentato, il servizio taxi viene aperto a concorrenza, la sua redditività cala e il recupero dell'investimento inziale diviene più difficile. Si può continuare così anche per altri esempi. Se si adotta questa logica, si giustifica qualsiasi assetto corporativo e protezionistico dell'economia e della società. Perché non il numero chiuso sui lavoratori dipendenti visto che le retribuzioni son basse e le famiglie non arrivano a fine mese con possibili ripercussioni sulla qualità dell'alimentazione e quindi sulla salute?

4. Insostenibilità di assetti alternativi.

C'è una obiezione che ho spesso sollevato nel corso di tavole rotonde e di scambi di opinioni. La fragilità dei bilanci delle farmacie viene valutata nell'attuale assetto pieno di vincoli operativi e finanziari, e in cui ogni singolo vincolo giustifica ex-post l'esistenza degli altri. Prima si limita la possibilità di catene e di economie di scala e scopo (per inciso molti centri clinici e diagnostici sono organizzati in catene!), prima si limita la possibilità di coinvolgere soggetti terzi portatori di capitali e di competenze organizzative (la proprietà può essere di soli farmacisti, è vietata l'incorporation), prima si limita la possibilità per professionisti abilitati di attivare liberamente il loro esercizio, prima cioè si limitano le risorse umane e capitali che possono applicarsi al settore, poi ci si lamenta delle difficoltà economiche. Anche questo un "circuito chiuso". Non ho mai ricevuto una risposta seria, se non l'invito a studiare di più la struttura della distribuzione, i principi di diritto costituzionale, persino il marketing.

5. Lo "spauracchio" delle Coop.

Chissà perché viene sbandierato lo spauracchio delle Coop, dimenticando che esiste il canale delle parafarmacie che è in tutto e per tutto identico a quello delle farmacie. Strutture idonee, totalmente dedicate al farmaco, presidiate da uno o più farmacisti abilitati, stesse modalità di distribuzione del farmaco. In assenza di pianta organica, i parafarmacisti in parafarmacia sarebbero farmacisti in farmacia, pronti ad assumersi tutti gli obblighi di servizio, dagli orari, ai turni, alla composizione del magazzino in termini di principi attivi. Eppure lo spauracchio delle Coop è un argomento forte tra gli oppositori della riforma. Tra l'altro, se non ci fossero la pianta organica, i limiti alla proprietà e i limiti alle catene, la Gdo potrebbe impegnarsi in modalità migliori di quelle attuali: invece che corner interni alla Gdo, esercizi separati, organizzati in catene come già nel Regno Unito, dislocati sul territorio e sotto il controllo irrinunciabile di un farmacista abilitato. È il farmacista che sarebbe indispensabile per la Gdo, non il contrario. L'Ordine potrebbe svolgere il ruolo, più alto e consono, di difendere i professionisti e garantirne indipendenza e adeguata valorizzazione retributiva, anche dando pieno risalto informativo e legale a ogni caso di scorretta pressione che potesse arrivare per influenzare la sua deontologia. Con un Ordine così forte e compatto, come si sta dimostrando in questi giorni, il controllo – non c'è da dubitare – sarebbe efficacissimo. E finalmente sarebbe l'Ordine rappresentativo di tuti i farmacisti.

6. Sempre e solo la distribuzione?

Le esigenze di riforma non riguardano solo la distribuzione. Una distribuzione concorrenziale ed efficiente serve a far funzionare bene gli strumenti di regolazione sia lato domanda che lato offerta. Una distribuzione efficiente aiuta a fare arrivare corretti stimoli concorrenziali a monte, ai produttori, favorendo lo sviluppo degli equivalenti economici dei prodotti off-patent, così dando un contributo significativo agli sforzi di controllo della spesa, quella pubblica del Ssn ma anche quella che resta a carico delle famiglie. Parte dei risparmi di spesa possono esser destinati ad accogliere tempestivamente in fascia "A" i prodotti innovativi in-patentLe rendite della distribuzione e rendite della produzione sono collegate. L'intervento proposto dal Ministro Guidi andrebbe visto nei suoi risvolti complessivi sulla filiera del farmaco.

7. Che fine fa il servizio universale?

Per la farmacia isolata in periferia o nel paese montano si possono prevedere regole di remunerazione e assetti organizzativi ad hoc, di eccezione rispetto alle regole generali. Questi casi potrebbero, per esempio, giustificare l'intervento pubblico, anche nella forma di estensioni di farmacie ospedaliere degli ospedali più vicini. Invece la singolarità dei casi viene invocata per estendere a tutte le farmacie condizioni di tutela fuori mercato. Anche su questo punto non ho mai ricevuto risposte esaustive e serie, se non descrizioni delle condizioni geografiche, geomorfologiche e di sviluppo urbano dell'Italia che rendono necessario il mantenimento dello status quo. Per di più, se fossero possibili catene di farmacie, supportate dalla rimozione dei vincoli di accesso alla proprietà e del divieto di incorporation, le condizioni di sostenibilità economica cambierebbero radicalmente. Dovrebbe essere proprio la speciale geomorfologia dell'Italia a suggerire di permettere che tutte le risorse e le energie desiderose di applicarsi al settore siano libere di farlo. Ma qui l'obiezione è che le catene di farmacie possono essere dannose, senza dare spiegazioni specifiche e circostanziate del perché, e anche se altrove già esistono senza aver creato alcun danno (nel Regno Unito, per esempio, Paese dalla lunga tradizione welfarista e sanitaria).

Il futuro è la farmacia dei servizi, libera da contingentamenti senza senso e capace di offrire prestazioni integrate di assistenza socio-sanitaria, collaborando in maniera concreta e innovativa col Ssn e ricevendo, a fronte del nuovo valore aggiunto, giuste remunerazioni per le professionalità e le risorse investite.