Pero ufficio

Abbiamo sentito o letto da poco la notizia di un milione di posti di lavoro. Nuovi-posti-di-lavoro. Non è uno scherzo! È tutto certificato. Si tratta della differenza matematica tra i licenziamenti e le assunzioni. Lo pubblica l’Inps nel Rapporto dell’Osservatorio sul Precariato.

Ed è emblematico che il rapporto sia stilato da un osservatorio non del lavoro ma del “precariato”. Spicca tra le cifre il dato dell’impennata del “lavoro a chiamata” con 278mila assunzioni e un aumento del 129,5%. Si tratta di quella forma di lavoro che sostituisce il voucher.

Ma i numeri sono cose per addetti ai lavori. Al di là del milione, che fa sempre notizia, o del quarto di milione che è una bella fetta della torta, quello che conta sono le persone. Per un caso ho incontrato ieri mattina una di queste persone. Abbiamo fatto un colloquio breve durante il quale mi ha raccontato un progetto per mettersi in proprio. È quello che faccio, una delle cose di cui mi occupo. Ho specificato che il servizio di accompagnamento è completamente gratuito per le persone in cerca di occupazione.

“Lei è disoccupata?”
“Certo, sono ormai disoccupata da parecchi mesi. Mi chiamano ogni tanto per le dimostrazioni nei centri commerciali”.
“Ah…” le ho risposto. “Che tipo di lavoro è?”
“Sono quei contratti a chiamata. Questo mese il 28 e il 29 farò mezza giornata. È a tempo determinato fino al 31 dicembre e ogni tanto mi chiamano, prima c’erano i voucher”.

Si è accesa la lampadina.

“Ma signora, allora, lei non è disoccupata?”
Silenzio. Ci riflette un attimo. “Non lo so. È un contratto senza… l’indennità di disponibilità… mi chiamano pochissimo…”

Imbarazzo. E a quel punto mi domando: non sarà formalmente occupata? E un po’ mi son già dato la risposta. Saliamo in amministrazione e Lorenzo è categorico. Per il Centro Impiego è occupata e non può accedere ai servizi per i disoccupati.

“Ma come? Non lavora quasi mai, non ha l’indennità di chiamata?”
“No. Il decreto 150 del 2015…

Non ci posso credere. Non è possibile. Eppure l’avevo scritto che questo poteva essere un problema, che il voucher era diverso e migliore anche per questo. Ma l’abolizione dei voucher, nelle intenzioni e nei proclami della CGIL, non doveva favorire i lavoratori? Oggi ci troviamo con un milione di lavoratori in più, di cui un quarto sono così: pensano di essere disoccupati, di fatto lo sono ma nella forma sono occupati. Non possiamo occuparci di loro, perché i servizi al lavoro sono riservati ai disoccupati. E gli incentivi per mettersi in proprio per donne disoccupate non sono disponibili per chi è formalmente occupato.

La cura per la signora è stata peggiore del male. Per il medico è stata invece un’ottima cura. Abbiamo salvato un quarto di milione di lavoratori dai voucher. Non prendono un euro in più, non maturano una pensione migliore ma possono dire, quando se ne accorgono o se ne accorgeranno, che loro un lavoro ce l’hanno.