oliodipalma

A cosa servono le soluzioni complesse quando abbiamo quelle facili? Che ci vuole? E’ il tempo dei capri espiatori a buon mercato, perché mai farcene mancare qualcuno? Colpa dell’Euro, colpa della Merkel, colpa delle multinazionali e della scienza, colpa, oggi apprendiamo, anche dell’olio di palma, messo sotto processo ieri alla Camera, per una serie grottesca di capi d’accusa, da un tribunale del popolo messo in piedi dal Movimentio 5 Stelle (e da chi sennò?).

Abbiamo un mondo in trasformazione, interi continenti che si risvegliano dalla miseria e dal sottosviluppo, con il carico di squilibri e contraddizioni che tutto questo porta con sé. Mica roba da poco: l’equilibrio ambientale di vasti territori che improvvisamente si scoprono risorse produttive, e come tali vengono sfruttati, la scoperta dei diritti di proprietà, che a volte ci sono e a volte non ci sono, e quindi i conflitti tra “chi c’era prima” senza carte bollate e chi arriva oggi, forte di concessioni e di scarsa memoria. E l’emancipazione, il cambio di passo di popoli che sembravano condannati all’oblio delle economie di sussistenza e che oggi diventano forza lavoro di sistemi produttivi nuovi, ma che proprio perché nuovi superano il passato e spesso ci passano sopra, senza troppa attenzione.

Gente che si muove, dalle campagne alle città, o verso nuovi insediamenti abitativi che fiancheggiano gli insediamenti produttivi, nuove miniere, nuove piantagioni, nuovi snodi logistici e commerciali. Antica misera che svanisce, nuove miserie che bussano alla porta, insieme al disorientamento. Nuove opportunità di scelta, e nuovi rischi dietro a quelle scelte. Che casino, la globalizzazione, la crescita economica, lo sviluppo. Ma non si stava meglio quando era tutto “terzo mondo”? Non si stava meglio quando si stava peggio, e si poteva dare la colpa all’imperialismo, al capitale, alla coca-cola?

Non c’è più la coca-cola, o meglio, c’è ancora, ma non serve più, ha perso di smalto e di appeal, è diventata un oggetto vintage, modernariato chic. Serve un sostituto, anche McDonald’s non va bene, roba da anni ’80, quando si facevano le lotte popolari per difendere il salotto di Piazza di Spagna dai cafoni del fast food. E poi da McDonald’s oggi ci si va con i bambini la domenica, ché sennò fanno i capricci: la rivoluzione proletaria fottuta da un Happy Meal, compagni.

L’olio di palma, signori. Come abbiamo fatto a non pensarci prima? E’ inodore e insapore, gli si può fare la guerra quasi senza accorgersene, occhio non vede cuore non duole. E poi è lontano, nasce soprattutto tra le piantagioni del Sud-Est asiatico, giusto qualcosa in Africa e in Sud America. Il balletto terzomondista può ricominciare, si faccia avanti l’imputato, adelante!

Ieri, alla Camera, abbiamo scoperto che se ci sono paesi in cui il lavoro viene pagato poco, la colpa è dell’olio di palma. Se le foreste vengono abbattute, la colpa è dell’olio di palma. Se la biodiversità declina, la colpa è dell’olio di palma. Se arrivano i profughi a Lampedusa (non è uno scherzo, è stato detto anche questo) la colpa è dell’olio di palma. E la guerra delle Farc in Colombia, di chi o di cosa pensate che sia colpa? Indovinato, vero? E l’inquinamento? E la salute dei bambini? I tumori? Olio di palma. Basterebbe smettere di consumarlo, e oplà!

La scenografia si presta, e la requisitoria sembra la sceneggiatura di un film di Bud Spencer, una specie di Banana Joe 2.0, con gli oratori che si alternano nel ruolo del vendicatore degli oppressi. Villaggi bruciati, indigeni scacciati, culture annientate, cuccioli di orangutan uccisi, il tutto per fare arrivare a grasse-multinazionali-senza-scrupoli un olio alimentare che fa pure male alla salute, lo ha detto l’EFSA, che ci possiamo permettere di ascoltare solo nei giorni dispari, nei giorni pari no perché in quelli pari emette pareri (positivi) sugli Ogm e allora meglio non far sapere in giro. Che poi l’EFSA non ha detto esattamente questo, ma cosa stiamo a sottilizzare? Cancerogeno, e più non dimandare: visto, si stampi!

Varrebbe davvero la pena di smettere di consumare olio di palma, così, dalla sera alla mattina, tutti insieme, per scoprire che le foreste verrebbero comunque abbattute per il legname, e al loro posto ci sarebbero piantagioni di qualcos’altro, la cui resa unitaria per ettaro, confrontata a quella della palma da olio, imporrebbe l’impiego di superfici ancora maggiori, per soddisfare una domanda di grassi alimentari in aumento. Troppo complicato? Maledetta matematica, meglio l’antropologia culturale, che ci spiega che il PIL non è tutto nella vita, e che qui una volta era tutta campagna.

E per scoprire che se in Indonesia o altrove si lavora spesso in condizioni che dalle nostre parti non esiteremmo a definire indegne, senza olio di palma si lavorerebbe alle stesse condizioni in altre filiere, solo che magari si lavorerebbe meno, ma a noi checcefrega, noi siamo equi e solidali, lo spiega la rappresentante della ditta appunto equosolidale che vende prodotti equosolidali: biologico, pochi ingredienti e soprattutto nostrani, questa è la ricetta per una alimentazione sana e per una coscienza pulita: non sia mai che ‘sti selvaggi vengano fin qui a farci concorrenza. Non se ne trovano nemmeno più, signora mia, racconta l’antropologo “per la diversità bioculturale” (prego?), di indigeni da osservare come animali allo zoo.

Varrebbe la pena smettere di importare olio di palma per scoprire che la domanda di oli e grassi alimentari non verrebbe compressa, ma che un ingrediente verrebbe semplicemente sostituito da altri, non necessariamente migliori, anzi, molto probabilmente peggiori.

E l’olio di palma certificato? E Il WWF e Greenpeace, che siedono nel board degli enti certificatori e lì contribuiscono a redigere complessi protocolli per la sostenibilità ambientale e sociale della filiera? Che dicono apertamente che boicottare l’olio di palma peggiorerebbe le cose, favorirebbe solo la diffusione di olio di palma non certificato, e quindi non-sostenibile? Che percepiscono la complessità, e provano a comprenderla, requisito essenziale per poterla governare?

Crumiri! Nient’altro che traditori al soldo del nemico, e come tali vengano trattati, insieme alle aziende che non si piegano al tribunale del popolo a 5 stelle, e che a volte ricevono addirittura dei riconoscimenti (vergogna!) proprio da Greenpeace per l’impiego di olio di palma sostenibile in processi produttivi sostenibili. Tutte chiacchiere, companeros! Alla trasformazione preferiamo la rimozione cognitiva, lo dice a chiare lettere il Pubblico Ministero nella sua requisitoria: chi non si adegua è complice di crimini contro l’ambiente e l’umanità, si serrino le gabbie e si apra il rubinetto delle iperboli: qualcuno paragona le piantagioni ad Auschwitz: si perdano i freni inibitori del ridicolo.

Lo spiega in chiusura la già citata pasionaria equosolidale: volete mettere una piantagione di olio di palma con in nostri splendidi uliveti? Non vedete, non intuite la differenza? Varrebbe la pena, in questo caso, avere una macchina del tempo e fare un salto nel futuro, per solidarizzare con i campesinos equi e solidali che un giorno difenderanno le loro palme da olio dalla concorrenza di qualche altro prodotto, e scoprire che sia gli ulivi pugliesi che le palme da olio sono effettivamente la stessa cosa: colture alimentari (e industriali, l’olio di oliva una volta si usava per l’illuminazione come l’olio di palma si usa nella cosmetica e per il biodiesel) che hanno preso il posto di ambienti naturali preesistenti. Solo che una volta non c’erano le certificazioni, e gli uliveti hanno davvero fatto fuori - senza mezze misure - l’intero ecosistema delle foreste mediterranee.

Ma non ditelo, a questi ragazzi, che gli ulivi non sono nati da soli nel deserto, che prima c’era qualcos’altro, come c’era qualcos’altro prima delle palme e qualcos’altro verrà dopo. Innovazione che diventa tradizione, prima di essere soppiantata da un’altra innovazione. Non diteglielo: i loro papà hanno già visto svanire la coca-cola, il McDonald’s e tutti gli altri totem del cialtronismo terzomondista dei tempi andati, se dovesse cadere anche il feticcio dell’olio di palma potrebbe essere per loro un colpo insuperabile.

@giordanomasini