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La nuova crisi di Alitalia si trascina ormai da diversi mesi e continuerà anche nell’anno nuovo. Il piano industriale è ancora in alto mare e la vertenza con i sindacati sarà estremamente complicata, visto che i tagli al personale saranno dell’ordine dei 2000 dipendenti. 

Il punto di partenza sono le perdite che ogni giorno Alitalia accumula nella sua gestione ordinaria: oltre un milione al giorno per un totale nel 2016 di circa 400 milioni di euro. Oltre a questo, la confusione sembra regnare anche tra gli azionisti. Le banche italiane, che hanno problemi ben più gravi, sono stufe di volere mettere sempre risorse nuove in una compagnia che ha perso dal rilancio del 2009 ad oggi circa 2,6 miliardi di euro. Etihad, il partner industriale entrato con il 49 per cento nell’estate del 2014, ha invece problemi di management, dato che sono insistenti i rumors che l’amministratore delegato James Hogan sia in uscita.

Una situazione estremamente complicata in un mercato aereo che vede una forte crescita ma anche un ambiente sempre più competitivo. Prima che Alitalia torni ad essere "strategica" per la politica nazionale e prima che si levino nuovi scudi sull’italianità della compagnia è bene fare il punto della situazione.

Il mercato aereo è florido e cresce in Italia, così come in Europa dalla liberalizzazione europea del 1997 (ad eccezione della forte crisi economica 2008-9) in poi. Alitalia non è più un player globale o europeo, ma un piccolo vettore regionale. In termini di passeggeri nel 2016, mentre la compagnia italiana ha trasportato circa 20 milioni di passeggeri, Ryanair ne ha trasportati oltre 110 milioni. E proprio la low cost irlandese è il primo operatore in Italia, con circa una decina di milioni di passeggeri trasportati in più rispetto ad Alitalia, che avrà nel 2016 una quota di mercato poco superiore al 15 per cento (insediata anche da Easyjet).

Oltretutto la compagnia è costata circa 6 miliardi di euro alle tasche del contribuente dal fallimento del 2008 ad oggi, tenendo in considerazione anche lo scandalo della cassa integrazione speciale dei dipendenti dell’azienda.

È dunque essenziale comprendere quali sono le soluzioni possibili per il futuro di Alitalia e se ne esistono. In primo luogo è da escludere l’intervento dello Stato. Lo Stato imprenditore ha già bruciato miliardi di euro. Alitalia non è strategica per il trasporto aereo e questo ormai dovrebbe essere chiaro visti i numeri riportati poco sopra.

Sono sufficienti i 200 milioni di euro di prestito ponte delle banche italiane? No, non servono a nulla, se non per sopravvivere un trimestre in più e arrivare alla fine dell’inverno. Il piano industriale che sarà molto duro e renderà la compagnia aerea ancora più piccola purtroppo arriva troppo tardi. Gli errori del 2009, in primo luogo l’aver puntato al corto-medio raggio, si trascinano ancora nella gestione odierna. Puntare ora sul lungo raggio è una delle poche opzioni, ma non risolverà alcun problema per il semplice fatto che per fare profitti nel lungo raggio serve il feederaggio.

Il feederaggio è tipico delle compagnie tradizionali e serve ad alimentare i voli intercontinentali con il traffico domestico ed europeo. È difficile infatti riuscire a riempire un volo da Roma a Seul con il solo mercato dell’area romana o della capitale coreana, ma c’è bisogno di catturare il traffico europeo ed italiano che vuole andare verso Seul. Alitalia tuttavia ha visto distrutto il proprio network a corto-medio raggio dalle compagnie low cost e dunque anche il lungo raggio difficilmente riuscirà a portare in utile l’azienda.

Cosa succederà allora alla compagnia italiana? Molto probabilmente il destino sarà deciso da Etihad che sta trattando da mesi con Lufthansa. La compagnia di Abu Dhabi, dopo aver tagliato pesantemente in Air Berlin pochi mesi fa (altra partecipazione storica in perdita) ha trovato un accordo con Lufthansa per il vettore tedesco. Alitalia, se mai Etihad e Lufthansa troveranno un accordo nei prossimi mesi, diventerà un vettore regionale del primo gruppo europeo, un po’ come successo per Austrian Airlines e Brussels Airlines, mentre Etihad assumerà un ruolo simile a quello di Qatar Airways in IAG (azionista di riferimento).

Prima che inizino le prossime polemiche nazionalistiche, ancora una volta è bene ricordarsi e ricordare alla politica che i problemi di Alitalia non sono i problemi del trasporto aereo italiano, che invece continua a crescere in maniera importante.