In un periodo di crisi economica e finanziaria, si sente sempre più forte l’esigenza di diversificare non solo gli investimenti, ma anche i metodi di pagamento. Tuttavia, le valute alternative non sono tutte uguali: cerchiamo di capire cosa sono e a cosa servono, e in quali contesti sono più utili.

Ginefra lucchetto

“L’oro difenderà i vostri risparmi sia dall’inflazione che dalla deflazione”! “No, il Bitcoin sarà la moneta del futuro, completamente autonoma dal potere dei governi e delle banche centrali”. “Le valute complementari come il Sardex consentiranno alle economie in difficoltà di uscire dalla recessione”. La stampa specializzata continua a illustrare le differenti proposte di mercato offerte da gestori di patrimoni e da imprenditori alla ricerca della ripresa economica.

La Grande Crisi del 2008 e l’innovazione finanziaria che l’ha determinata hanno posto nuovamente l’attenzione sull’importanza del sistema del credito e sulla funzione svolta dai mezzi di pagamento da questo gestiti. Alcuni operatori, timorosi che le politiche monetarie non convenzionali incubino inflazione e bolle speculative, hanno sviluppato circuiti di carte di credito che addebitano conti denominati in oro e proposto valute virtuali come il Bitcoin o valute complementari come il Sardex. Poiché l’oro, le valute elettroniche e le valute complementari sono proposte di mercato per far fronte a rischi di diversa natura, è opportuno, per esprimere un giudizio sulla loro efficacia, analizzare le loro potenzialità.

Qualunque moneta nasce come mezzo di pagamento accettato come strumento liberatorio del debito contratto nei confronti di soggetti pubblici e privati. Ma, per divenire moneta, lo strumento di pagamento deve anche svolgere la funzione di riserva di valore, consentendo al suo detentore di acquistare in futuro la stessa quantità di beni e servizi di cui disporrebbe nel presente.

Come riserva di valore, la moneta è in concorrenza diretta con le altre attività reali e finanziarie con profili di rischio e rendimenti attesi più elevati. Rispetto a queste, la moneta ha, tuttavia, il vantaggio di poter essere usata come mezzo di pagamento al suo valore nominale. Le attività reali e finanziarie, per divenire mezzi di pagamento, sono, invece, soggette a costi più o meno elevati di transazione. Anche i titoli di stato, tra i titoli di credito più sicuri, sono, ad esempio, soggetti a rischi di fallimento e di deprezzamento e non sono, pertanto, considerati strumenti di pagamento alternativi alla moneta.

La moneta espone, invece, il suo detentore ai rischi di inflazione e di bolle speculative. In sistemi economici aperti, inoltre, le valute nazionali sono esposte al rischio di tasso di cambio quando sono utilizzate per acquistare beni e servizi sui mercati internazionali. In compenso, una volta scoppiate le bolle speculative, chi detiene moneta può acquistare attività reali e finanziarie a prezzi vantaggiosi.

Per offrire coperture ai rischi di inflazione e di bolle speculative, il mercato ha proposto il Bitcoin e l’oro come attività finanziarie in grado di svolgere la funzione non solo di riserva di valore, ma anche di mezzo di pagamento. Tuttavia, anche l’oro o il Bitcoin, per divenire mezzi di pagamento, sono soggetti non solo a costi di transazione, ma anche a rischi di controparte e di mercato. Sono noti, ad esempio, i casi di furto di Bitcoin. Inoltre, i detentori di oro e di Bitcoin sono esposti al rischio di tasso di cambio quando trasformano questi asset nelle valute nazionali in cui sono denominate le transazioni. Se il prezzo in euro di un bene o un servizio è relativamente stabile (tranne nei casi di iperinflazione alla Weimar), in Bitcoin o in oro esso è, invece, soggetto alla volatilità del Bitcoin o dell’oro rispetto al dollaro (valuta in cui viene quotato il Bitcoin sui mercati internazionali) e dell’euro rispetto al dollaro.

In altre parole, oro e Bitcoin non sono liquidi come euro e dollari e non danno l’opportunità di acquistare beni e servizi senza passare per la valuta in cui questi sono quotati (per questi stessi motivi, nessuno utilizzerebbe titoli azionari per acquistare beni e servizi). Peraltro, un risparmiatore può decidere di disporre di un portafoglio di attività reali e finanziarie adeguatamente diversificato (seguendo, probabilmente, i suggerimenti di Markowitz) in cui possono essere presenti anche oro e Bitcoin.

Il Sardex, invece, presenta caratteristiche ancora differenti ed è una risposta alla scarsità di moneta e credito verificatasi, per svariati motivi, in alcune realtà dell’Unione Monetaria Europea dopo la crisi finanziaria del 2008.

La scarsità relativa dei mezzi di pagamento determina, tradizionalmente, una diminuzione del livello generale dei prezzi attraverso una contrazione dei consumi associata al fallimento di alcuni operatori economici, a un aumento della disoccupazione e a una flessione dei salari. Con prezzi al ribasso, l’economia può ritrovare un nuovo equilibrio di piena occupazione con lo stesso output potenziale (come nei modelli analizzati dagli economisti neo-classici) o equilibri con output potenziali più bassi e tassi di disoccupazione più elevati. Sistema bancario e pubblica amministrazione (con la politica fiscale) sono preposti, tra l’altro, a fornire al mercato la quantità di moneta necessaria per conseguire l’equilibrio di piena occupazione.

La Grande Recessione, prima, e la crisi dei debiti sovrani, dopo, hanno aumentato la domanda di liquidità e rallentato la velocità di circolazione della moneta. Una minore propensione al rischio da parte delle banche (soggette a normative sul credito più stringenti) ha, inoltre, avviato processi di credit crunch, aumentando l’eccesso di domanda di liquidità.

In Sardegna, alcuni imprenditori hanno elaborato una proposta di mercato alternativa al circuito bancario tradizionale per fornire al territorio e ad alcune filiere produttive i mezzi di pagamento di cui necessitavano. A tal fine hanno creato il Sardex, titolo di credito generato da negoziazioni tra soggetti partecipanti ad un circuito ristretto. Le negoziazioni generano crediti e debiti che vengono contabilizzati, come facevano i banchi nelle fiere medievali, da una stanza di compensazione. I crediti registrati dalla stanza sono cedibili solo ai soggetti membri del circuito, impegnatisi a riceverli in estinzione dei debiti. La stanza apre un conto per ogni impresa associata e può concedere, all’ingresso del circuito, crediti in valuta complementare da spendere presso altre imprese partecipanti.

Esiste, di solito, un limite quantitativo e temporale al debito che la singola impresa può contrarre nei confronti della stanza (entro un certo periodo di tempo, un’impresa indebitata potrebbe essere obbligata a estinguere in euro la quota di debito in valuta complementare in eccesso al debito massimo contraibile). Il successo dell’iniziativa dipende principalmente dalla complementarietà dei prodotti e servizi scambiabili all’interno del circuito.

Inoltre, quando una società fattura prevalentemente in valuta complementare, si pone il problema di determinare in quale valuta possano essere pagati i lavoratori dipendenti (le imposte vanno comunque pagate in euro a meno di accordi con le autorità fiscali). Questi saranno interessati a essere retribuiti in valuta complementare solo se con essa possono acquistare, a prezzi di mercato, i beni e servizi di cui necessitano. Dovranno, inoltre, accettare di confrontarsi con un’offerta di prodotti più limitata di quella denominata in euro. In compenso, i lavoratori avranno l’opportunità di non essere licenziati anche se l’azienda in cui lavorano non riesce più a fatturare in euro (per una descrizione dei progetti business to employees elaborati dalla Sardex SPA cfr. http://www.sardex.net/).

La stanza di compensazione non si fa carico di convertire questi crediti in altre valute come l’euro o il dollaro, anche se non si può escludere la creazione di un mercato dei cambi non regolamentato del Sardex. Le valute complementari come il Sardex riescono a ravvivare scambi e attività economica solo se l’area in cui si sviluppano ha difficoltà a fatturare transazioni in euro. Esse sono tanto più efficaci quanto maggiore è il numero di partecipanti che accetta la valuta alternativa come mezzo di pagamento (economie di network: un telefono è tanto più utile, quanto più sono diffusi i telefoni) e quanto maggiore è la varietà di beni e servizi scambiati.

È importante osservare che le valute complementari sono molto simili ad una sorta di credito commerciale cedibile senza rischio di liquidità (al valore facciale) e senza costi di transazione (a meno di quelli sostenuti per partecipare al network). Come tutti i titoli di credito sono, tuttavia, soggette al rischio di default: in questo caso non del singolo debitore, ma del sistema. In particolare, i soggetti potrebbero restare in possesso di crediti (in valuta complementare) che consentono di acquistare sempre meno beni a seguito dell’abbandono del circuito da parte di alcuni partecipanti.

I soggetti che utilizzano valute complementari devono comunque confrontarsi con la necessità di disporre di valute terze per acquistare beni e servizi o fattori di produzione disponibili solo in mercati esterni al circuito. Essi sono soggetti, come i sistemi economici tradizionali, ai vincoli della bilancia dei pagamenti: le importazioni di beni e servizi (acquisti in valuta esterna al circuito) non possono essere superiori alle esportazioni (vendite in valuta esterna al circuito), se non per quantità e tempo limitati.

Le valute complementari consentono, peraltro, ai soggetti interni al circuito di sviluppare un mercato di prodotti e servizi di qualità e prezzo inferiore agli standard internazionali (in caso contrario questi beni e servizi sarebbero scambiati sui mercati tradizionali e i soggetti potrebbero approvvigionarsi in tal modo di euro).

In sistemi di cambi flessibili, la perdita di competitività internazionale (che riduce la capacità degli operatori domestici di vendere in euro) determina prima o poi un deprezzamento del tasso di cambio nei confronti delle altre valute, e una diminuzione dei prezzi domestici in valuta estera. In assenza di un deprezzamento del cambio, non sempre i mercati sono in grado di determinare una diminuzione dei prezzi in valuta nazionale sufficiente a recuperare la perduta competitività. In questi casi, gli operatori marginali vanno fuori mercato. Le valute complementari possono aiutare questi operatori sia a sviluppare mercati paralleli, locali, in cui si scambiano beni e servizi che, prezzati in moneta nazionale, non avrebbero mercato, sia a limitare la perdita di posti di lavoro derivanti dal venir meno della competitività di una determinata area geografica.

Le soluzioni di mercato volte a rendere i sistemi più efficaci e efficienti sono sempre bene accette, purché non siano troppo complesse e non rendano il sistema meno trasparente e stabile. Le valute complementari possono essere una risposta a fallimenti “momentanei” delle politiche pubbliche preposte a fornire la liquidità ai mercati. Peraltro, a regime, banche centrali, sistema del credito, pubblica amministrazione e sistema finanziario internazionale restano le istituzioni preposte a fornire la liquidità secondo procedure trasparenti e efficienti. È sempre pericoloso interferire.