ATAC fuori servizio

Il servizio di trasporto pubblico locale romano è altamente inefficiente: più che in qualsiasi altra capitale europea. A prima vista sembra un'ovvietà: sembra già di sentire il romano medio che, col solito tono fra il sarcastico e l'esausto, replica 'Ao', e che ce voleva 'no studio pe' racconta' che ATAC fa schifo?'

E invece sì, pare che ci fosse proprio bisogno di uno studio serio e documentato per illustrare in pieno il disastro dell'ATAC: ci hanno pensato Rosamaria Bitetti e Nicole Genovesi per la Fondazione Einaudi, raccogliendo dati che suffragano in pieno la percezione dei romani di dover pagare tasse tra le più alte d'Europa per servizi tra i più scadenti d'Europa.

Secondo lo studio, praticamente tutte le scelte strategiche (se così si possono definire) compiute nel corso degli anni dall'azienda del trasporto pubblico della Capitale non hanno tenuto in alcun conto l'efficienza e l'economicità, ma sono state dettate da criteri clientelari e viziate da un fraintendimento di fondo, cioè che l'ATAC non dovesse preoccuparsi in alcun modo della sostenibilità dei propri conti, i quali sarebbero stati sempre ripianati da una politica compiacente, paga di poter utilizzare la municipalizzata come bacino di voti.

A mancare, nelle "strategie" dell'ATAC, è anche la consequenzialità: non solo si è deciso di privilegiare i mezzi su gomma rispetto a treni urbani, metropolitane e tram, scelta già di per sé inefficiente, ma non lo si è nemmeno fatto bene. Gli autobus romani, infatti, pur essendo quelli su cui si regge gran parte del trasporto pubblico della città, sono tra i più vecchi e malandati d'Europa (un’età media di 8,75 anni, contro i 4,95 di Berlino, 6 di Parigi e 6,9 di Londra), e molti non escono nemmeno dai garage, utilizzati come riserve di pezzi di ricambio per gli altri. Inoltre, le corsie preferenziali rappresentano solo il 6% del totale dei percorsi di superficie.

I criteri eminentemente clientelari in base ai quali è stata mandata avanti l'ATAC per tanti anni sono evidenti anche nei costi del personale: gli stipendi pesano sul bilancio dell'azienda per il 47%, contro, ad esempio, il 25% di Londra. Le varie "infornate" di assunzioni hanno fatto sì che l'organico, sebbene sovrabbondante, risulti ad oggi evidentemente sbilanciato a favore di posizioni amministrative e dirigenziali, spesso del tutto fittizie, rispetto a quelle, meno costose e più utili per la collettività, di autisti e controllori.

E proprio sul tema del controllo arrivano altre dolenti note: Roma, infatti, si conferma maglia nera d'Europa anche quanto ad evasione tariffaria, tanto che le autrici dello studio definiscono questa situazione "l'evasione come modello di business". L’incidenza della remunerazione dei servizi corrisponde solo al 21% del totale dei ricavi, mentre nelle altre città europee si attesta rispettivamente al 48% per Berlino, al 55% per Londra, e al 65% per Parigi. A Roma è carente sia il controllo umano (troppo pochi controllori, come si diceva sopra: 75 contro i 140, per dire, di Berlino) sia quello meccanico: non è previsto, infatti, un controllo automatico della vidimazione all’ingresso sul mezzo (se non nella metropolitana), né una controprova all'uscita, come invece avviene a Londra, ma anche, restando all'interno dei confini nazionali, a Milano.

Insomma, una situazione tipicamente italiana e ancor più tipicamente romana, in cui l'inefficienza di chi eroga il servizio e il non rispetto delle regole da parte di chi lo utilizza si sostengono a vicenda, e sembra che vada bene così a tutti: il servizio è tarato sulle esigenze di chi lo dovrebbe fornire anziché su quelle di chi lo paga, che a sua volta si "vendica" non pagandolo.

Non è certo un caso che, nella nostra lingua, non esista una parola corrispondente ad "accountability", un termine inglese molto utilizzato nello studio di Bitetti e Genovese, che è un mix tra "affidabilità" e "responsabilità", insomma un obbligo di rispondere delle decisioni prese e delle loro conseguenze. La probabilità che ci sia una maggiore efficienza nella gestione è praticamente nulla se non si ripensa, prima di tutto, la struttura degli incentivi: l’affidamento diretto, infatti, crea una commistione di interessi politici fra chi offre il servizio e chi ne decide il pagamento, spostando il focus da obiettivi di servizio a obiettivi di consenso politico.

In questa situazione, torna comodo a tutti i coinvolti che nessuno sia "accountable" di niente: chi non paga il biglietto ha la quasi certezza di non venire controllato, ma sa che non potrà fare nessun affidamento sulla puntualità o sulla funzionalità dei mezzi che prende, mentre chi lavora in ATAC e approfitta per scioperare ogni venerdì o per mettersi in malattia a ridosso di ponti e festività sa che le sue condizioni di lavoro, tra mezzi inadeguati e traffico impazzito, continueranno a essere pessime, ma che nessuno gli toglierà il suo angolino di privilegio. Molti dirigenti, poi, che peraltro nessun romano o quasi saprebbe riconoscere se li vedesse, continuano a fare quel che il padrone politico ordina, autoassegnandosi in cambio incentivi economici che sarebbero ingiustificati anche se Roma improvvisamente grazie a loro diventasse Zurigo.

D'altronde, da un'azienda pubblica in cui per anni si sono stampati, e chissà, magari si continuano a stampare, biglietti falsi per arricchire questo o quell'amico dell'amico, nel silenzio pressoché totale di chi, a tutti i livelli, avrebbe dovuto controllare, non è che ci si possa aspettare un grande sforzo di cambiamento in una direzione più efficiente e più vicina a un qualsiasi concetto di legalità.

Bitetti e Genovese propongono, per la mobilità romana, una serie di misure impopolari, ma che ormai si rendono quanto mai necessarie

  • Aumento delle corsie riservate
  • Investimenti in metropolitana
  • Investimenti in tram
  • (Investimenti nell'ammodernamento delle ferrovie urbane che oggi sono sostanzialmente lasciate a se stesse, aggiungiamo noi)
  • Ammodernamento del parco macchine

  • Riduzione spese per il personale/aumento produttività
  • Riallocamento del personale da funzioni amministrative a funzioni operative e di controllo
  • Contratti incentivanti basati sulla performance

  • Strumenti digitali per la gestione dei servizi, il controllo del traffico e i tempi di attesa
  • Introduzione di politiche di pricing incentivanti
  • Introduzione di strumenti di controllo della vidimazione
  • Maggior diffusione di punti d'acquisto biglietti/biglietti a bordo

  • Privatizzazione
  • Affidamento tramite gara concorrenziale dei servizi in house
  • Adozione dei costi standard

Una piattaforma che qualunque candidato sindaco dovrebbe sostenere, se davvero volesse iniziare a fermare la catastrofe ATAC e a far ripartire Roma, ma che nessuno invece sostiene apertamente: troppa è la paura di perdere quel formidabile serbatoio di voti. Ogni candidato appoggia qualcuna di queste proposte, in linea di massima le due o tre che danneggiano meno il suo vero o presunto elettorato, ma a inquadrarle in un discorso organico, nota lo studio, seppur non menzionandole esplicitamente tutte, è solo Magi dei Radicali, peraltro non candidato sindaco ma consigliere, in appoggio a Giachetti del PD.

Ma d'altronde lo spiega bene Luigi Di Gregorio, nel suo editoriale per il nuovo bimestrale di Strade: la semplificazione e la banalizzazione ormai sono la cifra del dibattito politico. Nessun candidato avrebbe il coraggio di sostenere una proposta articolata e complessa, magari proprio basata sullo studio di Bitetti e Genovese, sui temi del trasporto pubblico e, più in generale, della necessità di maggior concorrenza nell'ambito dei servizi al cittadino. Nessun candidato, probabilmente, avrebbe poi la capacità di spiegarla e farla sua - a parte probabilmente Magi, che però, come abbiamo già detto, candidato sindaco non è.

Stando così le cose, questo studio sembra destinato a rimanere mera testimonianza; tuttavia, è importante che sia stato fatto e pubblicato, è importante che gli sia stato dato molto risalto da alcuni quotidiani, ed è importante che in tutti gli ambiti, da quello accademico a quello giornalistico, si producano sempre più documenti come questo, per restituire un'idea basata sulla realtà, e non sul presupposto o sul sentito dire, della situazione dei servizi pubblici in una Capitale sempre più martoriata dall'illegalità e dall'inefficienza.

Magari chissà, un giorno se ne accorgerà persino la politica.