fibra ottica monopolio

Tutti vogliono comprare Metroweb, la società specializzata nel cablaggio in fibra ottica, considerata una leva strategica determinante per la copertura del territorio nazionale con la banda larga. Ieri Telecom ha lanciato un’offerta per l’acquisto di Metroweb di 820 milioni di euro, praticamente il doppio di quanto la società della rete veniva valutata appena un anno fa.

Enel - che qualche tempo fa ha lanciato il progetto Enel Open Fiber - pare intenzionata a rilanciare con un’offerta altrettanto succulenta, 650 milioni cash più la cessione di una quota della stessa Enel Open Fiber agli attuali proprietari di Metroweb (F2i e il Fondo Strategico della Cassa Depositi e Prestiti). Tuttavia, nel corso della prossima riunione del CDA, potrebbe anche decidere di mettere sul piatto ancora di più.

Ma perché la valutazione di Metroweb è aumentata così tanto e così velocemente? A detta di molti analisti di settore, Metroweb avrebbe rispetto ad altri soggetti quel know how necessario per realizzare in tempi relativamente rapidi l’obiettivo che l’Italia si è impegnata a raggiungere in sede UE: dotare entro il 2020 la metà della popolazione di una rete a 100 mbps, e la restante parte (quella che vive in aree meno popolate e più difficili da raggiungere) con almeno 30 mbps.

Come contribuenti, noi cittadini dovremmo, in linea teorica, fare banalmente il tifo per chi offre di più: in fondo, una quota rilevante di Metroweb è oggi detenuta dalla Cassa Depositi e Prestiti, che è di proprietà pubblica.

Le ragioni di cassa, però, potrebbero confliggere con gli interessi di noi consumatori, perché le due offerte non sono neutrali dal punto di vista della concorrenza: mentre Enel si limiterebbe a fare da società della rete, offrendo ai vari operatori telefonici la propria “autostrada in fibra”, Telecom è uno di quegli operatori.

Insomma, si rischia di replicare e consolidare l’assetto sbilenco del settore della telefonia che si determinò con la privatizzazione di Telecom Italia negli Anni Novanta: non si separò allora la rete dall’operatore e si regalò per decenni un monopolio ad un soggetto privato, a danno della concorrenza e dell’innovazione.

Ovviamente non è responsabilità dei vertici di Metroweb preferire l’una o l’altra offerta sulla base di considerazioni sistemiche come quelle appena elencate: il loro compito è valorizzare la loro società e, in caso di vendita, farlo alle condizioni migliori possibili. Ma siccome Metroweb è nei fatti una società controllata dallo Stato, attraverso la CDP, è bene che il governo e il parlamento non si disinteressino della vicenda.

Chi scrive preferirebbe di gran lunga che la politica fosse solo arbitro e non giocatore dell’economia (sul tema della “politica industriale”, leggetevi l’ultimo illuminante libro di Franco Debenedetti, a proposito), ma, a condizioni date, è opportuno che, con le sue scelte dirette o indirette, il decisore pubblico non finisca per determinare ulteriori distorsioni strutturali del settore delle telecomunicazioni e della fibra ottica. Ne abbiamo patito gli effetti per venti anni, non è opportuno patirne ancora.