Tampon tax

La politica, che da sempre cerca di entrare nelle case e sotto le lenzuola dei cittadini, ora tenta di infilarsi anche tra le mutande. Ha infatti destato scalpore e qualche poco seria ironia la proposta di Pippo Civati su un possibile abbassamento dell’IVA per gli assorbenti.

Idea che scatena pruderie e risolini da ora di educazione sessuale alle medie, ma che non è certo un pensiero originale del leader di Possibile. Quella della tassazione sugli assorbenti, infatti, è una questione che sta entrando di prepotenza, da un paio d'anni, nel dibattito politico di molti paesi.

La cosiddetta “Tampon tax”, che considera gli assorbenti come beni di consumo non di prima necessità, negli USA è presente in 40 Stati. Ad esserne esenti sono le donne di Maryland, Massachusetts, Pennsylvania, Minnesota e New Jersey. In California si sta cercando di eliminarla. Altri Stati non impongono tasse sulla vendita ma impongono altre misure fiscali che gravano comunque in particolare sulle tasche delle donne.

Quella sulla Tampon tax è una battaglia prevalentemente femminista, che solleva questioni di parità: Cristina Garcia, rappresentante nell’assemblea della California, argomenta che le donne vengono tassate per il loro genere. È una questione “di giustizia sociale, di uguaglianza di genere nel fisco, è un’opportunità unica per eliminare una tassa retrograda che tassa unicamente le donne per una funzione del proprio corpo che non controllano e non possono ignorare”.

Nell’ottobre del 2015 anche il Parlamento britannico, durante la discussione sul programma di bilancio, si è trovato a dover legiferare sul tema. Un emendamento chiedeva infatti a George Osborne di andare a Bruxelles a rinegoziare l’IVA al 5% (la soglia minima) sugli assorbenti per arrivare ad un’esenzione totale. Bocciato.

Il tema è molto sentito nel Regno Unito, specialmente nelle università. Quasi tutte le Student Unions hanno almeno un candidato alla carica di delegato alle pari opportunità che promette battaglia sugli assorbenti. La SU di Bristol ha regalato oltre 1000 pacchetti di assorbenti alle sue studentesse, nell’ateneo di Birmingham sono venduti ai 49 pence, il prezzo d'acquisto dal grossista.

In giro per il mondo, le politiche sul tema sono molto diverse: la Slovacchia impone un’IVA al 20%, mentre l’Irlanda non la fa pagare. In Malesia la proposta di eliminare la Tampon tax ha provocato le risate di molti parlamentari. In Australia una petizione è stata rigettata dagli Stati del Commonwealth, mentre una raccolta firme in Canada ha parzialmente eliminato la tassa. A novembre scorso, durante le proteste in Francia, alcune femministe hanno inviato a Hollande le loro mutande imbevute di sangue mestruale.

L’Italia, tanto per confermare l’idea che se ne ha, impone sul bene in questione una delle aliquote più alte, al 22%. Una petizione da 12.000 firme su Change.org chiede di equiparare gli assorbenti a beni essenziali, portando l’IVA al 4%. La proposta di Civati, da molti presa come una boutade, descrive in realtà due drammi del nostro Paese: quello del gender gap e quello di una tassazione che, come la morte, è garanzia di non-discriminazione. Tartassa senza badare a genere o etnia, forse solo alla classe sociale, ma questo magari a Civati importa meno.