logo editorialeIl referendum contro la riforma Fornero delle pensioni, per richiedere il quale ieri la Lega ha depositato in Cassazione le oltre cinquecentomila firme necessarie, sarà con buona probabilità giudicato inammissibile dalla Corte Costituzionale.

L'articolo 75 della Costituzione prevede infatti che non possano tenersi referendum, tra l'altro, sulle "leggi tributarie e di bilancio". La cosiddetta "riforma Fornero" non era contenuta stricto sensu in una "legge di bilancio", ma in un provvedimento - il cosiddetto "decreto Salva-Italia" - che realizzava, anche per effetto delle disposizioni in materia previdenziale, una manovra correttiva dei conti pubblici, sostanzialmente recepita, quanto agli effetti contabili, nella legge di bilancio.

È dunque presumibile che il referendum esca di scena prima di diventare un problema politico ingombrante (e forse irrisolvibile) anche per le forze di maggioranza e per l'esecutivo. Se infatti a gennaio la Consulta desse il via libera al referendum, tutte le forze di opposizione, nessuna esclusa, si coalizzerebbero per usarlo come le opposizioni dell'epoca usarono, nel 2011, contro Berlusconi e il suo esecutivo i referendum su nucleare e servizi pubblici locali. E la maggioranza di centro-sinistra, pesantemente ingombrata da componenti che sostengono, da tempo, la necessità di "correggere" la riforma Fornero, difficilmente troverebbe la forza e la voglia di fare una vera campagna per il no.

Da un certo punto di vista, c'è quindi da auspicare che la Consulta promuova un referendum, che rappresenterebbe un formidabile elemento di movimento e chiarezza. Infatti, al di là delle retoriche riformiste e del bla bla bla giovanilistico, costringerebbe il PD e la maggioranza renziana a prendere posizione sulla madre di tutte le questioni generazionali e su quel meccanismo di redistribuzione inversa (dai giovani ai vecchi) "cronicizzato" da un sistema pensionistico, che, anche dopo la riforma Fornero, conserva e conserverà per decenni, vista la correzione tardiva, un carattere perversamente duale e iniquamente discriminatorio.

Il referendum sarebbe insomma una pietra dello scandalo positiva per una maggioranza che incassa i dividendi della politica "lacrime e sangue" del governo Monti, fingendo di disgustarsene, dopo la damnatio memoriae dell'ex premier e della sua bravissima ministra del Welfare. Inoltre, aiuterebbe anche chi nel campo alternativo alla maggioranza renziana volesse finalmente battere un colpo, dissociandosi dalle parole d'ordine grottescamente fascio-cigielline del fu "centro-destra liberale".

@carmelopalma