logo editorialeA grattar via la consistente dose di “spettacolo” messa in scena ieri sera da Grillo negli studi dell’ex nemico Bruno Vespa, e a voler cercare qualcosa di politicamente coerente nella sua valigia d’attore, è assai poco quel che rimane, ma quel “poco” dice molto sull’Italia che Grillo ha in mente, sulla forma che dovrebbe avere, sugli interessi che oggi si incarica di rappresentare, a Bruxelles ma soprattutto a Roma.

C’è l’elogio del sistema retributivo: secondo Grillo le pensioni non devono essere fatte con i contributi che ognuno di noi versa durante la sua vita lavorativa. No. Le pensioni devono essere fatte ridistribuendo i contributi di tutti, per accontentare tutti. Ovvero il sistema in vigore fino all’altroieri, in cui i pensionati di oggi sono garantiti dai versamenti di chi oggi lavora, e domani chissà.

C’è il protezionismo, e c’è il luddismo: non è la prima volta che Grillo lo dice, le merci non devono viaggiare. Devono restare qui, vicino casa, protette, se necessario, con dazi adeguati che scoraggino la concorrenza delle merci e dei beni degli altri paesi. La crescita, poi, non produce ricchezza né occupazione. E senz’altro non la produce in chi ha bisogno di dazi per vendere e rendite per campare. Per loro la crescita, l’innovazione e lo sviluppo sono soltanto scocciature.

E non c’è bisogno di andare ad inseguire le stupidaggini sulle stampanti 3D con cui gli americani si costruirebbero la casa e la dentiera, ammesso che davvero ci sia in giro qualcuno che ci crede. Basta andare per le strade di Milano, dove oggi Grillo (Alemanno e Gasparri sono passati di moda) è il nuovo santo patrono dei tassinari, terrorizzati all’idea che un’app per smartphone possa fornire agli utenti del trasporto urbano un servizio migliore ad un prezzo migliore. Oppure l’originalissima idea di un’expo “frammentata” nelle piazze dei borghi italiani - ne parlava pochi minuti prima anche l’ex “disobbediente” Casarini (Tsipras) su un’altra emittente - nella quale il confronto con l’innovazione altrui è accuratamente rimpiazzato dalla sagra paesana della nostra mediocrità provinciale.

E - aggiungi un posto a tavola! - alle rendite vecchie se ne sommeranno di nuove: le coperture ci sono, dai trenta miliardi di redditi di cittadinanza coperti con i rimborsi elettorali e con le carlinghe degli immancabili F35 alla ben più credibile politica espansiva della BCE, perché gli italiani di oggi, così come quelli di ieri, non vedano mai il fondo del barile nel quale sono immersi, né vedano come è fatto il mondo al di fuori di esso. I soldi ci sono, se non ci sono si trovino, se non si trovano si stampino.

Beppe Grillo è, consapevolmente o meno, il concentrato di quel che ha ridotto l’Italia nello stato in cui si trova ed oggi di quell’Italia rappresenta l’ansia ed esorcizza la più che comprensibile paura. Lo ha scritto recentemente Carmelo Palma, il consenso che Grillo sta raccogliendo è una forma di autoassoluzione, più che di protesta: la “costante ciclica” della politica italiana (eletti ed elettori), che dopo il banchetto getta dalla rupe il capro espiatorio, per poi tornare ordinatamente a sedersi a tavola. Un’autoassoluzione fondata sulla non casuale dimenticanza del fatto che l’offerta politica degli ultimi decenni è stato il frutto coerente, benché marcio e bacato, di una domanda politica ben precisa. La stessa di sempre, la stessa di Grillo.

La stessa, peraltro, che nel salotto di Porta a Porta si è sempre trovata a proprio agio.

grillo-porta-porta-