logo editorialeLa questione delle quote rosa dell'Italicum è finita nel modo peggiore. Non perché non sia passato il principio – senza precedenti né uguali neppure nei paesi considerati, da questo punto di vista, virtuosi – della lottizzazione sessuale della rappresentanza politica, ma perché a bocciare gli emendamenti proposti dallo schieramento bipartisan delle donne in bianco è stata una maggioranza altrettanto trasversale di incappucciati, al riparo del voto segreto.

Mai come ieri in Parlamento non si sono confrontati una ragione e un torto, ma due torti uguali e contrari, due modi sbagliati di fare politica, nel metodo e inevitabilmente anche nel merito: da una parte il conformismo sessualmente corretto del "partito delle donne", dall'altra l'ipocrisia di un mandarinato politico che gli emendamenti scomodi e popolari è abituato non a batterli, ma a fotterli, non a contrastarli apertamente, ma ad affogarli nelle sabbie mobili della cosiddetta libertà di coscienza.

Non c'è stato un solo partito di maggioranza capace di prendere su questo punto una decisione di partito, di esprimere una posizione impegnativa, anche se ovviamente non costrittiva per parlamentari ancora eletti, per fortuna, senza vincolo di mandato. Né il governo è stato in grado di far altro che di "rimettersi" alle decisioni di parlamentari a cui i rispettivi partiti avevano "concesso" la libertà di fare o disfare come più gli aggradava. Alla fine, come era prevedibile, nell'urna ha vinto il conflitto di interesse degli eletti maschi, contro il conflitto di interesse delle elette femmine.

Anche chi, come noi, era contrario a queste misure di principio, contestandone proprio il principio, non può rallegrarsi dell'esito del voto di ieri, che sposta al Senato, dove il voto segreto in materia elettorale non c'è, una sfida che qualcuno ha lanciato, ma nessuno ha raccolto. Non si può dunque concludere che – ex malo bonum – la Camera ha comunque chiuso una questione che non era giusto, opportuno o possibile aprire in questa fase.

La mina vagante del corporativismo sessuale, di questa guerra dei sessi recitata in favore di telecamere dalle "donne in bianco", mentre gli uomini sciamano silenziosi in transatlantico e alla buvette a studiare le contromisure, deve essere disinnescata con un confronto franco, culturalmente dignitoso e dunque non coattivamente sessistico, politicamente responsabile e dunque non elusivo nella sostanza e curiale nella forma. Il governo, i partiti e i leader politici, a partire da Renzi, non possono continuare a saltellarci intorno, sperando di non metterci il piede sopra.

@carmelopalma

quote rosa grande