logo editorialeDelle similitudini tra la crisi finanziaria di questi anni Dieci e quella degli anni Venti del secolo scorso, il grande buio europeo che partorì il mostro nazista e la seconda guerra mondiale, si parla spesso e non da oggi: nei Paesi peggio attrezzati a gestire le sfide di un repentino declino economico le tensioni sociali e politiche si alimentano a vicenda fino a che, nella peggiore delle ipotesi, dalla disgregazione del "sistema" non emergono soluzioni che solitamente si definiscono "populiste", "nazionaliste" o "autoritarie".

Ma quella che fino a qualche tempo fa poteva sembrare una provocazione intellettuale utile a interpretare meglio la crisi, un le sue cause e i suoi rischi, e a immaginare vie d'uscita più rapide ed efficaci, diventa sempre più una descrizione della deriva, nemmeno tanto lenta, cui sembra essersi condannato un pezzo consistente d'Europa.

Prendiamo l'Italia. Anche qui, non è una novità che alcuni osservatori tendano a sottolineare le molteplici consonanze tra l'onda "anti-casta" che si è rovesciata sulla cosiddetta Seconda Repubblica meno di un anno fa (un'onda che ha trovato nel Movimento Cinque Stelle il principale, ma non unico, canale di espressione) e il fascismo delle origini, quello rivoluzionario e anarcoide, il "movimento", appunto, che agitava davanti a un'Italia fiaccata e smarrita il sogno del riscatto nazionale, e prometteva di ripulire il Paese punendo i responsabili del declino spazzandoli via assieme al "sistema" - tutto questo prima di farsi, come è noto, esso stesso Sistema.

Paragoni che immancabilmente scatenano le ironie, o le ire, di chi nella rivoluzione promessa da Beppe Grillo ci ha creduto e magari ci crede ancora, e si ribella all'idea che il progetto politico dei "cittadini" di Casaleggio, con la democrazia diretta, il potere della rete e tante altre belle cose, possa avere qualche tratto in comune nientemeno che con le pagine più oscure del nostro passato. Beppe Grillo che dopo aver evocato la marcia su Roma, aver attraversato a nuoto lo Stretto di Messina e aver minacciato di aprire il Parlamento "come una scatoletta di tonno", incita adesso al golpe le forze dell'ordine ed emana liste di proscrizione contro i giornalisti, potrebbe essere, a tal proposito, un interessante spunto di riflessione.

D'altronde, se si allarga nuovamente lo sguardo a quel che accade in Europa, il successo di Marine Le Pen in Francia o i consensi di cui gode Alba Dorata in Grecia impongono di leggere i sommovimenti causati dalla crisi al riparo dalle incrostazioni "bipolari" cui una certa lettura del Novecento ci ha abituati: due movimenti che sono caratterizzati da un immaginario, da un linguaggio, da un'estetica senza dubbio "di destra", e in cui è certamente forte la presenza di un nucleo di militanza identitaria, che fungono però da magnete per i segmenti più deboli della società, diventando l'ultimo asilo di chi, assieme alla speranza, ha perso anche la fiducia nelle istituzioni del dopoguerra, nella politica "tradizionale", nei partiti. Ma una volta scrostata la patina identitaria, ecco che appaiono le somiglianze con il movimento grillino: tendenza al complottismo, retorica del "se ne devono andare via tutti", rigurgiti nazionalisti/autarchici (i forconi che vogliono chiudere le frontiere, Grillo che sull'immigrazione sposa posizioni più simili a quelle della Lega che non a quelle tradizionalmente considerate di "sinistra"), antieuropeismo e antiliberismo, diffidenza se non ripugnanza nei confronti del mondo intellettuale (i manifestanti che a Savona minacciano un rogo di libri...). 

Il Movimento Cinque Stelle ha certamente perso molti punti, a causa degli eccessi del suo leader e della imbarazzante inadeguatezza dei suoi parlamentari, è vero. Ma il fermento che ne ha decretato il successo è tutt'altro che sopito, come dimostra la rivolta dei forconi (di cui Grillo, con il suo nuovo collega di opposizione Silvio Berlusconi, si è fatto subito avvocato) che si prepara a "marciare su Roma". Il rischio "populista" lambisce ancora una volta il civilissimo Vecchio Continente, e l'Italia non è di certo al riparo. 

Ecco perché - per quanto, vedendo il capo della rivolta di piazza andarsene via in jaguar o ascoltando il tenore di alcune quotidiane dichiarazioni dei deputati a cinque stelle, sia forte la tentazione di considerare tutto questo una farsa all'italiana più che un serio pericolo - è giusto vigilare, è giusto lanciare allarmi, è giusto prendere iniziative come la denuncia sporta da alcuni cittadini (tra cui, in primis, il nostro Piercamillo Falasca) nei confronti di Grillo dopo il suo inquietante appello rivolto ai capi di Polizia e Carabinieri. È giusto e doveroso, anche a costo di sembrare fastidiose Cassandre, e pazienza per gli insulti.

Ma di tutto questo, che va ben oltre il battibecco politico quotidiano e le stanche polemiche fra destra e sinistra, è del tutto inutile incolpare gli elettori di Grillo o il popolo dei forconi; ben più responsabilità ha chi non sa (o non vuole), in Italia e in Europa, elaborare risposte serie a domande epocali, e dare uno sbocco migliore alle forze  risvegliate dalla crisi.