logo editorialePiù che un Nuovo Centrodestra, quello di Alfano & C sembra proprio il solito centro-destra e il “parricidio” una disputa, tutto sommato banale, sulla divisione dell’eredità berlusconiana tra i figli legittimi del fondatore. Non una rottura, insomma, piuttosto un obbligato spin off di quella conglomerata politica, che per ragioni di opportunità e di calcolo oggi conviene a tutti (a Alfano, come a Berlusconi, in fondo) emancipare dalla formula del partito unico (ci aveva già pensato La Russa) e restituire a quella, più razionale e larga, della coalizione.

La casa berlusconiana ridiventa un condominio – tutto lì. Alfano e i suoi, a prendere sul serio le cose che dicono, e più ancora quelle che fanno, non hanno l’interesse e la voglia di emancipare il centrodestra dalla dogmatica e dalla retorica del Cav. né di tradirne la dottrina “realistica” , quella per cui il governo è la pausa tecnica tra un’elezione e l’altra, un’incombenza rognosa da gestire limitando i danni e da obliare nelle rutilanti promesse di una rivoluzione prossima ventura.

Alfano non ha grilli per la testa. Non vuole fare, né farsi domande troppo compromettenti sulla relazione fatale tra i fasti del berlusconismo vincente e la parabola dell’Italia perdente, tra l’irresistibilità elettorale del Caimano e la fragilità di un consenso costruito rispettando (e mai offendendo, mai sfidando) la trama e l’ordito di un sistema sociale feudale e particolaristico, che assicurava al centro-destra una maggioranza “naturale”.

Soprattutto in questo Alfano è e vuole apparire diverso dal Fini del 2010, al cui fantasma i cosiddetti falchi vorrebbero invece che assai più assomigliasse. Non vuole mettere in dubbio né lo spirito né la lettera di quella vulgata politica che amici e nemici identificano nel centrodestra ufficiale. Vuole semplicemente traghettare il centrodestra così com’è oltre il destino personale del fondatore e salvare la constituency berlusconiana dalla decadenza di Berlusconi, sperando (e probabilmente illudendosi) che quella storia politica possa sopravvivere al Cav. e prima ancora resistere alla volubilità del suo scontento.

Il centrodestra di Berlusconi, Alfano, Maroni e La Russa è quello di cui da più di un decennio Giulio Tremonti ha tracciato le coordinate culturali e politiche. Un centro-destra antimercatista e vittimista, apparentato ai populismi europei e diffidente delle rigidità morali del mainstream liberal-conservatore, che Berlusconi ha avuto, ricambiato, in gran dispetto, in nome di una “specificità” italiana, che coincideva più con i difetti che con gli interessi nazionali. Alfano su questo non cambia, non rompe e non innova. Si mette in proprio, ma rimane in scia.