Colonna clown

Chi scrive considera la questione che passa per il nome di Fake News come un problema molto importante che coinvolge una delle forme di comunicazione - quella social on line - fondamentale nella nostra epoca, e sull'argomento ne ha scritto anche qui e su altri siti.

Pertanto, si potrebbe pensare che io sia rimasto deliziato dall'iniziativa del ministro Minniti sul contrasto al fenomeno affidato alla Polizia Postale mediante un Bottone Rosso (?) a disposizione dei cittadini per far segnalazioni, che poi vengono prese in carico dalla Polizia che provvede (a fare cosa?). In realtà il mio atteggiamento di fronte all'iniziativa sta a metà fra lo sgomento, l'ilarità e la preoccupazione per una quantità di motivi.

La preoccupazione è evidente. Il solo fatto di pensare di affidare ad una autorità di Polizia il ruolo di valutare la verità o meno di una notizia è aberrante senza alcuna possibilità di redenzione. Punto. L'ilarità nasce dalla convinzione che si tratterà dell'ennesima iniziativa che si perde nel nulla appena si placano le acque e la tensione intorno al problema nell'opinione pubblica cala (e questo stempera la preoccupazione di cui al punto precedente). Lo sgomento nasce dal fatto che si tratta di un'idea disfunzionale su tanti di quei livelli che davvero non so da che parte cominciare.

A cominciare dal Bottone Rosso. Dove trova il cittadino che "si imbatte" in una fake news tale bottone? Sul medesimo canale in cui l'ha trovata? Ovviamente no, dovra' andare su una apposita pagina per trovare il Bottone Rosso in cui postare l'URL (a proposito, e se si tratta di qualcosa che circola su WhatsApp? Già questo è un game over).

Una riflessione sul significato di fake news poi è d'uopo. Se trattasi di semplice balla ("la Terra è piatta", "i vaccini fanno venire l'autismo", "il cancro si cura con bicarbonato e limone", tanto per fare esempi concreti) è evidente che (1) non è reato scrivere idiozie (2) non si può pensare di dedicare risorse statali, pubbliche per il contrasto alla diffusione di stupidaggini qualsiasi. Tali risorse sono meglio spese nell'educazione pubblica. Per il resto c'è butac.it.

Se trattasi di diffamazione (ad es. accusare un ministro di essere coinvolto in loschi affari) o di minacce (come la lunga lista di cose orrende tendenti allo splatter che sono state dette, con nome e cognome, su Facebook alla presidentedella Camera on. Boldrini), della Polizia c'è bisogno in una fase successiva: prima denuncia penale, poi arresto e processo. Ci sono dei reati di mezzo, in qualche caso anche gravi. Ma il vero problema non è questo, come oramai dovremmo sapere. È ridicolo pensare di spendere risorse di polizia quando ci pensa Bufale Un Tanto Al Chilo, è ridicolo mettere su un'unità speciale quando ci sono già fattispecie specifiche di reato che possono essere gestite in modo "tradizionale".

Il vero problema è la weaponizzazione della balla per creare effetti politici, strategici e militari da parte di stati-nazione. Bene, nemmeno questo è un problema di polizia. È infatti un problema di intelligence, anzi di counterintelligence, che va gestito dai servizi, opportunamente attrezzati - anche e soprattutto dal punto di vista culturale - per confrontarsi con questo nuovo tipo di minaccia. È anche un problema importante ma - relativamente - piccolo, nel senso che si tratta di un problema che si manifesta in circostanze particolari. È anche qualcosa che si contrasta senza fare clamore e senza fare comunicati stampa.

Un discorso a parte meriterebbe il contrasto alla diffusione di particolari ideologie, penso ad esempio alla diffusione dell'islamismo radicale presso le comunità di immigrati: un problema che, per fortuna, in Italia è largamente secondario rispetto a paesi come la Francia o il Belgio. Queste ideologie possono anche utilizzare fake news per creare una narrativa a loro favorevole. La Comunità Europea ha instituito allo scopo una rete (la RAN, Radicalisation Awareness Network) che coinvolge sì polizie e servizi, ma anche insegnanti, società civile, amministratori locali ecc., per svolgere una serie di iniziative, alcune piuttosto ovvie (ad esempio lavorare nelle prigioni o nelle scuole per segnalare e monitorare la presenza di tendenze alla radicalizzazione) ed altre meno ovvie e piuttosto sottili come la costruzione di contronarrative che contrastino la narrativa fornita dagli agitatori fondamentalisti, una specie dunque di PSYOP rivolta ad una specifica comunità.

Fornire una contronarrativa efficace in una specifica comunità potrebbe essere un esempio di come utilizzare risorse pubbliche per contrastare la diffusione di tendenze ideologiche pericolose, molto piú sottile e raffinata di un bottone rosso. E non si tratta di contrastare news, ma di contrastare tendenze ideologiche sulla pericolosità delle quali non vi è ombra di dubbio.