cannabis grande

Deo Gratias, pericolo sventato, che grazie al provvidenziale "Non possumus" del Pd e alle strategiche assenze del M5S si è evitato in extremis che il signor Rossi possa accedere con facilità alla cannabis terapeutica che gli è stata prescritta, e magari coltivarsela sul terrazzino anziché mandare la consorte ad aggirarsi tra gli spacciatori del Pigneto. Deo Gratias, emendamenti respinti: c’è una legge nuova che è praticamente la fotocopia della vecchia e si potrà così dire a destra che non cambia niente e a sinistra che si è fatto un passo avanti. L’enorme montagna di lavoro politico, consulenze, audizioni, limature, aggiustamenti al disegno di legge sulla legalizzazione della cannabis (non solo quella terapeutica, ma anche quella cosiddetta "ricreativa") finisce così: con un topolino che scappa via squittendo.

Lo ammettiamo: ci avevamo sperato. Soprattutto dopo aver visto l’ispettore Rocco Schiavone in tv: quando la Rai "sdogana" un ispettore di polizia che comincia la giornata con qualche boccata di fumo, risultando poi perfettamente idoneo nel suo lavoro, e anche molto bravo, chissà. Magari è possibile. Ma a quanto pare al mondo di Schiavone si preferiscono altre narrazioni. Mettere le cicche sotto il tappeto. Dimenticare Schiavone e tenersi stretti i coatti cocainomani di Suburra e Gomorra, la passionaccia nazionale per il dark side dello spaccio. Così feroce. Così indecente. Così cinematograficamente perfetta per raccontare un’Italia che conserva le vecchie regole per trasgredirle tutte, e sulla trasgressione costruisce imperi criminali, e sugli imperi criminali innalza fortune individuali e collettive che inquinano ogni cosa, e infine ne fa anche prodotto culturale perfettamente coerente con la frase: "Rassegnatevi, qui non cambia mai niente".

Dice: sei fissata con le serie. Ma no, le serie raccontano il nostro immaginario collettivo. E nella distanza tra Rocco Schiavone e Jenny Savastano ritroviamo il gap tra l’auspicabile e il possibile che si è visto in Parlamento rispetto a tante cose. Sappiamo che quel mondo lì, il mondo dove la signora Rossi non deve andare a cercarsi lo spacciatore al Pigneto ma scende semplicemente in farmacia, sarebbe auspicabile. Ma il possibile, quel che ci tocca, è quell’altro mondo là: la Scampia planetaria dove le droghe sono tutte uguali e tutte ugualmente clandestine per tutti, sani e malati, e quindi tutte inevitabilmente governate da delinquenti tatuati che girano con l’Hammer nero.

Mica è solo la cannabis. È lo ius soli, il testamento biologico, la legge contro la corruzione. La Scampia planetaria le ha in uggia tutte, tutte infastidiscono i buoni affari dei tempi nuovi, che ovunque c’è una regola sorpassata, che non funziona, si può vendere la soluzione per aggirarla. E quindi, come direbbe Ciro l’Immortale, Deo Gratias che non cambia mai niente e si può continuare a fare utile col nuovo contrabbando: non più sigarette americane ma diritti. A morire con decenza, a conquistare uno straccio di permesso, a curarsi, a star meglio.

Comunque. Rocco Schiavone avrà la sua seconda stagione, a breve, e magari ci sarà una seconda chance anche per il resto. C’è il dovere dell’ottimismo se si sta in politica, e i promotori della legge lo hanno finora esercitato con coerenza: sappiamo che ci riproveranno, tifiamo per loro.