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Venerdì scorso, un uomo di nome Marcello Cimino, che dormiva in un giaciglio fuori da un centro per poveri a Palermo, è stato ucciso, incenerito, da un uomo geloso. Di fronte a certi fatti, il rischio è quello di rimanere senza parole. Qualcosa può però essere detto, al netto del fatto che non sapremo mai esattamente cosa è successo finché non ci sarà un processo e una sentenza e che quel che leggiamo sui giornali va sempre preso con le pinze.

Nelle prime ore si pensava al gesto di qualche giovane annoiato e già si sentiva la gente discutere dei giovani senza valori, senza speranza, che non hanno niente da fare, che si divertono con la violenza, come Alex DeLarge in Arancia Meccanica. La colpa è della scuola, della società, tutto va male, la politica non fa niente, una volta era meglio, c’era più rispetto...

Nel momento in cui la polizia ha arrestato il presunto assassino, che avrebbe confessato l’omicidio e il movente, tutto questo bla bla bla è stato congelato per la prossima volta. Ora si parla di "delitto passionale”. Leggiamo da Repubblica Palermo: « Avevano pranzato alla stessa tavola, nella casa della Zisa. A quella tavola c'era anche la donna che avrebbe scatenato la furia assassina del benzinaio fermato ieri sera per il delitto. Un omicidio passionale».

Dunque, il soggetto di tutto quanto, il motore dell’azione, il responsabile della morte del senzatetto e dell’azione omicida dell’assassino è “la donna”. Una vera e propria malafemmina. Tutte le colpe che nell’ipotesi precedente erano attribuite alla società, alla scuola, alla politica, vengono assunte in toto da una donna.

Ma andiamo avanti. L’articolo di Repubblica cita il ministro degli Interni Marco Minniti, che ha dichiarato: «Ieri mattina abbiamo visto delle immagini drammatiche da Palermo. Non bisogna chiamarlo clochard - ha detto - era un uomo e bisogna chiamarlo con il suo nome: Marcello Cimino è stato assassinato nel modo piu' barbaro possibile, non c'è nulla di più drammatico di dare fuoco a una persona, e con orgoglio dico che in poche ore la polizia di Palermo ha arrestato e assicurato alla giustizia quel barbaro». Al ministro che dà lezioni sul chiamare le persone col loro nome, vorrei ricordare che “barbaro” significa “straniero”. Mentre il presunto omicida non è uno straniero, ma uno di noi, per lingua, cittadinanza, per cultura e — a chi interessa — per sangue. Dunque, da una parte la colpa è di una donna, dall’altra l’omicida è un barbaro.

La vita delle persone coinvolte e delle loro famiglie è distrutta. È stato il classico "raptus", come si sarebbe affrettato a dire il presunto omicida? Cioè, sarebbe qualcosa di inevitabile, un colpo di matto? Possiamo solo accettare che questi fatti avvengano e concentrarci su come liberare la società dagli assassini? Consegnare i responsabili alla giustizia è sicuramente importante, ma la nostra società non può concentrarsi solo sulla polizia — o pulizia — a meno di non voler aspirare a distopie in stile Robocop, a circondarci di stalloni pronti a puntare pistole dicendo «Tu sei il male, io sono la cura».

Non per accanirmi con Repubblica Palermo — è il giornale locale che leggo —, ma segnalo il commento con il quale la redazione ha difeso la propria scelta di pubblicare il video dell’omicidio di Marcello Cimino — che tira fuori l’immancabile esempio della bambina vietnamita ferita dal napalm — che si conclude con queste parole: «Guardare quel video significa anche sbattere contro la realtà che ci si ostina a trattare con i guanti bianchi: la violenza esiste soprattutto nei confronti dei più deboli e anche nelle strade della nostra tollerante e accogliente città. Anzi, se ci si riflette davvero, quel video potrebbe perfino assumere un valore ulteriore alla luce della celerità con la quale la polizia è riuscita a scoprire ed arrestare l'assassino: le immagini possono servire anche a far scattare la collaborazione dei cittadini. Guardare la violenza in faccia può servire a trovare la forza per denunciarla». 

La colpa dei tolleranti e accoglienti cittadini è quella di ostinarsi a “trattare la realtà con i guanti bianchi” — non ho ancora capito che significa —, mentre le immagini che nulla aggiungevano a ciò che poteva essere descritto a parole potrebbero essere servite a far scattare la collaborazione dei cittadini. Ma c’è veramente un rapporto causa-effetto tra la pubblicazione del video e l’arresto del presunto assassino? Non lo so, ma non sono io a dirlo né a doverlo dimostrare. Quel che so è che esiste un rapporto causa-effetto tra la violenza mostrata e la violenza ripetuta, che l’oggettivazione di un atto di violenza lo rende più accettabile, tollerabile, ripetibile. Ricordo che ci sono studi sulla relazione tra i film di Quentin Tarantino — che personalmente amo — e video dell’ISIS.

Ma c’è qualcosa che possiamo fare per limitare il ripetersi di tali eventi? Sì, c’è e si potrebbe sintetizzare con lo slogan "Più gender per tutti e tutte!" A scanso di equivoci, ricordo che non esiste una cosa come “l’ideologia gender” contro cui si scagliano alcuni, così come non esistono le scie chimiche. Esistono, però, degli studi di genere, che traggono la loro origine nel movimento di liberazione delle donne, l’unica rivoluzione politica del Novecento che ha cercato di combattere la violenza scardinandola e non rispondendo con ulteriore violenza.

Perché è considerato bizzarro chi mette il parmigiano sulla pasta col tonno e non chi usa l’espressione “delitto passionale”? [prima che mi massacriate, non faccio nessuna delle due cose! N.d.A.] Perché da quando l’Italia è diventata un paese ricco, dove si mangia almeno tre volte al giorno, si è sviluppata una cultura del cibo e del buon cibo, ma allo stesso tempo ci sono resistenze per dare come assodate alcune istanze del femminismo sul rapporto tra le persone. Eppure se qualcuno mette il parmigiano sul tonno o il ketchup sulla pasta, non muore nessuno, mentre se continuiamo a considerare l’omicidio uno sbocco esecrabile ma possibile di un sentimento quale la gelosia, continuerà a “scapparci” il morto.

Basta parlare di malafemmina, basta parlare di orgoglio del maschio ferito, basta parlare della donna come possesso da difendere (il possesso, non la donna) col fucile, basta considerare gli studi di genere e il femminismo come pericoli per la società. Sono pericolosi solo per una società ingiusta e violenta, che vuole (ad esempio) togliere i figli agli omosessuali... e per quale motivo? Perché magari si teme che il proprio figlio diventi gay? Allora, per alcuni è meglio l’intolleranza, la violenza, il sopruso, l’ingiustizia, piuttosto che affrontare una propria personale paura? Meglio uccidere o lasciare che altri uccidano, piuttosto che fare i conti con la propria fragilità e i propri limiti? Meglio socializzare la propria paura e e diffondere le proprie psicosi negli altri, piuttosto che porsi delle domande su se stessi?

E invece io dico, più gender per avere più vita, più tolleranza, più serenità, più rispetto. Se l'assassino di Palermo avesse fosse stato consapevole che nulla e nessuno avrebbe mai potuto mettere in discussione il suo intrinseco valore di essere umano, di uomo, di maschio, che una donna non è proprietà, non è oggetto di contesa, che la distruzione fisica di un altro maschio non lo avrebbe reso più maschio, forse Marcello Cimino sarebbe vivo oggi, forse ciascuna delle persone coinvolte vivrebbe una vita migliore.