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Ora che il sipario è calato davvero sulla vita di Marco Pannella, ho la sensazione che si sia girato l'ultimo ciak di un film capolavoro, di cui Marco è stato lo sceneggiatore e lo scenografo, il produttore, il regista e l'attore protagonista assoluto e noi tutti, che abbiamo fatto un pezzo di strada con lui, attori non protagonisti o comparse, con ruoli più o meno decisivi per il successo del film, che resta comunque un film corale.

Da qui si può, se si vuole, ripartire. Cast e maestranze, ovunque si trovino, possono e devono decidere se e cosa fare e poi scegliere se farlo insieme, oppure ognuno a proprio modo e seguendo il proprio percorso.

Marco Pannella ha lasciato temi e obiettivi politici ben "istruiti" su cui lavorare. Si è detto e scritto moltissimo in questi giorni sulle battaglie storiche in favore del divorzio e dell'aborto; giusto, perché senza l'energia e la capacità di Pannella di trasformare queste istanze in obiettivi di lotta politico-parlamentare e di fiducioso coinvolgimento popolare l'Italia avrebbe aspettato ancora più a lungo - troppo a lungo - per diventare un posto più libero e meno ipocrita.

Oltre alla denuncia dei nazionalismi e al monito di non considerare compiuto il cammino verso la democrazia e lo stato di diritto, però, le due "profezie" di Pannella che io ricorderò come quelle su cui più può misurarsi la sua preveggente grandezza politica, riguardano il debito pubblico e la cannabis. 

Gli anni ottanta sono stati quelli dell'esplosione del debito italiano usato per acquisire il consenso da parte di partiti, di maggioranza e opposizione, rimasti uniti in un disegno consociativo anche dopo il governo di unità nazionale della fine degli anni settanta. Qualche protagonista di quella stagione rivendica perfino ciò che era e resta uno scempio della finanza pubblica e un’alterazione del mercato politico, spiegando che i voti così “comprati” servirono a sconfiggere l'assalto terroristico condotto dalle Brigate Rosse e a consolidare la democrazia italiana. Non credo nemmeno sia utile contestare un alibi così pietoso.

Quello che fa testo è che da quelle facili “soluzioni” - comprare i voti di oggi coi soldi di domani - originano i problemi della Repubblica Italiana, zavorrata da un debito che ne mina la competitività, se non addirittura la sovranità. Nella piena consapevolezza dell'inefficienza e della prepotente iniquità intergenerazionale della corsa al debito, i radicali presentarono un disegno di legge per il rientro progressivo e automatico dal debito pubblico di allora, meno della metà di quello attuale. C'erano naturalmente analisti e personalità che già allora ammonivano sui rischi della spesa pubblica allegra e galoppante, ma nessun partito, nemmeno liberali e repubblicani, fece come i radicali di questo punto una vera priorità politica.

Allo stesso modo nessun politico, se non Pannella, faceva negli anni ottanta comizi in piazza tuonando contro la pensione a cinquant'anni stigmatizzata come una follia economica e sociale. Su questa radice culturale, che rimanda a Ernesto Rossi e alle sue polemiche contro la "sinistra reazionaria", si innestarono le battaglie liberiste degli anni novanta con i referendum per abolire la cassa integrazione straordinaria, liberalizzare il mercato del lavoro, superare le pensioni di anzianità e cancellare l'articolo 18: con vent'anni di anticipo su riforme poi approvate con vent’anni di ritardo.

Ancor più isolato dovette sentirsi Pannella nel 1975 quando si fece arrestare per denunciare la follia economica, sociale e giuridica del proibizionismo sulle droghe leggere. Forse allora non molti avevano contezza della natura e della dimensione del fenomeno, soprattutto tra quanti ironizzarono e trattarono Marco come un guitto. Nessuno, né in Italia, né altrove, pensava allora che l'antiproibizionismo potesse divenire un tema di cui discutere e decidere nell'agone politico-parlamentare della democrazie rappresentative. Ci sono voluti quarant'anni perché un primo ministro, il liberale canadese Trudeau, vincesse le elezioni in un grande paese avanzato mettendo la legalizzazione della cannabis tra i punti prioritari del programma elettorale. Quarant'anni di arresti, processi e carcere per milioni di ragazzi incolpevoli, se non per avere fumato, o comprato o passato una canna, magari nociva, ma di sicuro pacifica e innocua per tutti gli altri.

Il nostro impegno radicale è di cercare di dare un seguito a queste profezie di Pannella, nate dalla sua capacità di essere impopolare, per non essere antipopolare. A profezie, prima liquidate come provocazioni ed eccessi di un bastian-contrario minoritario, e oggi diventate attuali, perché risultate clamorosamente esatte nella previsione delle conseguenze del problema rimosso e della soluzione "vietata".

Ancora un'ultima volta: la terra ti sia lieve, grande e amato Marco.