In queste ore si sta facendo un gran parlare della sentenza con cui il Tribunale di Bologna ha dato in affido temporaneo una bambina di tre anni a una coppia omosessuale. Immancabile la levata di scudi di quanti gridano alla violazione dei diritti della piccola, tirando in ballo il solito (poco perimetrabile e assolutamente plasmabile) diritto naturale e ricorrendo al consueto ritornello dell'indispensabilità delle due figure genitoriali differenti.

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Poco importa se il Tribunale ha affidato la bambina a due soggetti che la piccola conosce molto bene tanto da chiamarli "zii", evitando di esporla ad ulteriore trauma con l'estrazione a sorte di una delle varie famiglie tanto tradizionali quanto sconosciute alla bambina. Quel nucleo famigliare, quella coppia, è stata giudicata idonea dai servizi sociali, che hanno compiuto le stesse verifiche che avrebbero dovuto compiere per verificare l'idoneità all'affido di una coppia formata da un lui e una lei.

Nel caso specifico non regge neanche il solito mito del giudice di provincia che si muove in totale autonomia, quasi discrezionalmente nelle more del diritto e nelle lacune dell'ordinamento, in quanto il Tribunale di Bologna si e rifatto ad una recente pronuncia della Corte di Cassazione secondo la quale "Sostenere che sia dannoso per l'equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale è un mero pregiudizio". In pratica ciò che deve rilevare è il diritto del bambino – ripeto, diritto del bambino – di crescere, essere amato ed educato all'interno di un contesto idoneo, sia esso costituito da una singola persona o da una coppia di qualsivoglia orientamento sessuale.

Un contesto idoneo come quello entro il quale da sei anni due donne - che si amano - accudiscono, educano e amano una bambina data loro in affido all'età di 5 anni (figlia di una coppia di genitori affetti da un profondo disagio psichico), la quale secondo le periodiche verifiche effettuate dai consulenti del Tribunale dei Minori di Genova cresce benissimo e ha recuperato pienamente quella serenità messa a repentaglio dalla sua famiglia naturale.

In entrambe le occasioni, insomma, i giudici si sono limitati a riconoscere la realtà per quella che era, senza volerne artificialmente costruire una nuova. Una meravigliosa prova di normalità.