Masini diritto grande

Una lenzuolata di depenalizzazioni. È quella che il governo ha varato poche settimane fa con un decreto legislativo. Entreranno in vigore proprio in questi giorni. Tra chi si lamenta perché "si lascia mano libera ai delinquenti abituali", e chi invece sostiene che è un bene eliminare i reati minori e sgravare i tribunali per ridurre i tempi della giustizia, non è del tutto chiaro se questa “semplificazione” sarà più dannosa o più utile.

Il governo, ovviamente, propugna il secondo punto di vista. Personalmente considero la riduzione dei tempi della giustizia un must per il nostro paese, ma non mi faccio grandi illusioni. Non mi aspetto gravi peggioramenti in un senso, né risultati eccezionali nell’altro.

Sanzionare penalmente i reati minori non ci tutela di più come cittadini. Chi li commette non va in galera quasi mai, lo sappiamo tutti. Tramutarli in illeciti amministrativi non ci metterà più in pericolo di quanto non possiamo già essere nei confronti del comune delinquere.

Sul fronte dei tempi della giustizia qualche miglioramento forse lo vedremo. Ma il problema dei tribunali rimane la strutturale carenza di risorse umane adeguate. Necessitano di una seria riqualificazione della spesa, occorre incidere più a fondo e strutturalmente sull’efficienza. La sola depenalizzazione dei reati minori, da questo punto di vista, rischia di risolversi in una operazione di superficie. Comunque, alla fine potrebbe anche venire fuori che i risultati saranno molto più soddisfacenti di quello che penso io.

Lo spero. A pensarci bene sarebbe proprio il caso di realizzare qualche risultato in più del semplice maquillage. Perché non bisogna dimenticare una cosa: gran parte di quei reati, ai quali prima era associata una sanzione penale, vengono trasformati in illeciti amministrativi. Cosa che comporta una strisciante erosione delle garanzie e delle libertà individuali di tutti. Sicuramente in linea di principio, ma credo anche in via di fatto.

La giustizia penale è diventata sicuramente lentissima, ma la figura tipica del reato penale è quella dove l'accertamento si fa davanti a un giudice terzo, in contraddittorio tra l’offeso e l’accusato. La sanzione arriva al termine di un processo dove entrambe le parti hanno pari facoltà di esprimere le proprie ragioni. Insomma, la sanzione penale è il risultato di un processo che si ispira a criteri di obiettività e imparzialità.

Nella figura dell’illecito amministrativo, invece, ad accertare e sanzionare è un burocrate dello stato, senza alcun vero contraddittorio dinanzi a una parte terza. Di fronte all’autorità amministrativa che contesta l’illecito, l’accusato può soltanto esporre sommariamente le proprie ragioni, nella speranza di essere ascoltato e compreso (aggiungerei “con magnanimità”).

Nell’illecito amministrativo, e in particolare quando si tratta della violazione di norme a tutela di “interessi pubblici”, la burocrazia diventa, di fatto, parte lesa, accusatore e giudice allo stesso tempo. Figuriamoci se il contraddittorio è alla pari! È fin troppo facile che un accertamento viziato da elementi di soggettività produca automaticamente abusi di potere. Il cittadino ha la possibilità di ricorrere ai gradi successivi, ma l'accertamento dell'illecito amministrativo è già titolo esecutivo. Spesso e volentieri quindi si applica il cosiddetto solve et repete, che in poche parole significa “intanto paga la sanzione, dopo, se vuoi fai ricorso”.

E proprio quest'ultimo fatto mi fa venire il sospetto che il provvedimento sulle depenalizzazioni possa mal celare ragioni legate, più prosaicamente, alla solita esigenza di "fare cassa”.

Peraltro, proprio la necessità di fare cassa è un motivo in più per non fare troppo affidamento sulla presunta imparzialità di giudizio delle amministrazioni pubbliche nella gestione degli illeciti amministrativi. Le sanzioni pecuniarie, per loro, sono entrate. Troppo spesso i comuni hanno abusato e continuano ad abusare del codice della strada, per esempio, per far quadrare i propri bilanci. E le sanzioni pecuniarie dei nuovi illeciti amministrativi arrivano a importi veramente ragguardevoli. Per esempio, la sanzione amministrativa per guida senza patente adesso è fissata da un minimo di 5 mila a un massimo di 15 mila euro. Se vi pare poco ce ne sono anche di più costose. Insomma, se le cose stanno così, “depenalizzare i reati” non coincide propriamente con “semplificare la vita” ai cittadini.

Non bisognerebbe dimenticare che a fare largo uso, e abuso, dell’illecito amministrativo sono di solito i regimi autoritari. Che non sono tanto disseminati di corti penali "cattive", quanto invece popolati di piccoli e grandi burocrati con il potere di comminare sanzioni per illeciti amministrativi. E ad inquietare di più è che la discrezionalità di infliggere sanzioni amministrative conferisce a qualsiasi burocrate un enorme potere di ricatto nei confronti di chi può essere accusato di illecito.

Se fosse vero che con le depenalizzazioni lo stato vuole essenzialmente fare cassa, a farne le spese, oltre alle tasche, sarebbero anche le garanzie e le libertà individuali dei cittadini.