La definizione più calzante al disegno di legge che introduce il nuovo reato di omicidio stradale, da poco approvato al Senato, l'ha data forse il senatore Pd Luigi Manconi su Il Foglio: "Populismo penale". L'idea cioè di rispondere con l'aggravio delle sanzioni penali a questioni "di pancia" e attuali della popolazione, o almeno di quella porzione di essa che più riesce a farsi sentire.

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Il legislatore vorrebbe in questo caso introdurre un paio di articoli nel Codice penale - aumentando così la zavorra normativa che sembra essere immune da qualsiasi progetto serio di depenalizzazione - inventando una nuova fattispecie speciale di omicidio (e una di lesioni personali) e nuove pene: da otto a dodici anni di reclusione per omicidio colposo commesso da un qualunque conducente in stato di ebbrezza alcolica, con un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro (0,8 per i conducenti professionali), o sotto l'effetto di droghe. La pena diminuisce tra i sette e i dieci anni se l'omicidio colposo stradale viene commesso in stato di ebbrezza alcolica con tasso alcolemico compreso tra 0,8 e 1,5 grammi per litro oppure vengono superati in maniera consistente i limiti di velocità. In caso di concorso di colpa la pena è diminuita fino alla metà, mentre viene triplicata (ma fino a 18 massimi, ) in caso di morte di più persone. In caso di fuga la pena viene aumentata da un terzo alla metà.

L'introduzione di nuove fattispecie penali dovrebbe avvenire quando c'è un vuoto normativo: un comportamento di particolare disvalore sociale X non trova una sanzione adeguata nelle norme Y o Z, nemmeno per analogia, e allora il buon legislatore introduce una nuova disciplina. Può capitare dunque che l'esigenza nasca perché le vecchie leggi non hanno previsto nuovi comportamenti difficilmente inquadrabili anche dalle disposizioni più generiche e, nel frattempo, si sia creata una sorta di emergenza: ma è questo l'antefatto reale del 'nuovo' omicidio stradale? No.

Da tempo il legislatore e i tribunali hanno già inquadrato il particolare disvalore di un omicidio su strada prevedendo delle aggravanti all'omicidio colposo se commesso in violazione delle norme sulla circolazione stradale. Ci sono poi due ulteriori aggravanti (dal 1966) in caso di abuso di alcol e sostanze stupefacenti, neppure bilanciabili con le attenuanti concorrenti. E ancora, è ormai una regola ravvisare l'aggravante anche in caso di una generica violazione delle normali regole di diligenza e prudenza. Per farla breve: il nostro sistema normativo è già adeguato dal punto di vista sazionatorio (altra cosa è l'applicazione, ma la nuova legge non potrà far nulla in tal senso). La nuova normativa non fa altro che prendere quanto già esiste e farne una nuova fattispecie con pene aumentate.

Non c'è nessun vuoto normativo dunque, c'è almeno un emergenza tale da poter giustificare la nuova legge come una risposta a nuove esigenze? No.

Basta vedere i dati: negli ultimi 30 anni (dal 1983 al 2013) il numero di morti su strada è calato drasticamente (certo, rimangono troppi): erano più 7mila nel 1983, sono stati 3.385 nel 2013, picco minimo di un generale calo costante e in nettissima discesa almeno dal 2001. E dopo i picchi dei primi anni Duemila sta scendendo drasticamente anche il numero totale di incidenti stradali e quello dei feriti. Il grafico sottostante contribuirà a chiarire meglio il concetto:

Come si può vedere non c'è nessuna emergenza dal punto di vista quantitativo e la risposta qualitativa voluta dal Governo – le nuove fattispecie penali – non è una soluzione perché l'unica cosa che otterrà sarà solo un appesantimento sanzionatorio (peraltro con il rischio di non essere neppure proporzionato), ottenibile – come suggerisce anche Manconi - modificando al rialzo le aggravanti già esistenti e le pene accessorie (ritiro della patente per periodo più lunghi e, in alcuni casi, divieto di conseguirla nuovamente), monitorandone il rispetto e gli effetti. Ma anche in questo caso la risposta migliore dal punto di vista qualitativo sarebbe stata piuttosto un maggiore investimento in prevenzione: più controlli ma anche più investimenti sulla sicurezza delle strade, meno ipocrisia legislativa e, soprattutto, formazione al rispetto delle regole rivolta a tutti i soggetti coinvolti, in modo da favorire la presa di coscienza sui rischi derivanti da comportamenti sbagliati.

Si è scelta invece la strada più breve, quella di appesantire il bastone penale, preferendo accontentare la pancia anziché ascoltare la testa, in risposta a un'emergenza che non c'è.