Cronistoria politico-normativa dell'aumento al 22% dell'aliquota ordinaria dell'IVA, per evitare strumentalizzazioni e storture della realtà.

Luglio 2011 (governo Berlusconi): la manovra correttiva (decreto-legge 98/2011), finalizzata al raggiungimento del pareggio di bilancio dal 2013, dispose la riduzione del 5% nel 2013 e del 20% a decorrere dal 2014 dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale (deduzioni e detrazioni) relativi alle imposte sul reddito; contestualmente il decreto prevedeva la non applicazione di tale riduzione ove, entro il 30 settembre 2013, fossero stati adottati provvedimenti legislativi in materia fiscale ed assistenziale aventi ad oggetto il riordino della spesa in materia sociale tale da determinare riduzioni di spesa.

Bocca XL

In realtà, la natura aleatoria di quei tagli di spesa (nel testo del provvedimento non veniva specificato dove e come questi si sarebbero dovuti realizzare) rendeva molto probabile l'intervento di riduzione delle agevolazioni fiscali. Il tema fu oggetto di critica anche a livello comunitario e l'intera manovra finì nell'occhio del ciclone dei turbolenti mercati finanziari, tanto che il 4 agosto (alla vigilia dell'invio della famosa lettera della BCE all'esecutivo italiano) Berlusconi e Tremonti convocarono una conferenza stampa urgente con la quale annunciarono l'intenzione del governo di rivedere contenuti e portata della manovra di luglio. Peraltro, il costante aumento dello spread in quelle settimane stava già vanificato gli effetti finanziari futuri del provvedimento.

Agosto 2011 (governo Berlusconi): il surriscaldamento del differenziale tra titoli di stato italiani e tedeschi (lo spread), con il conseguente deterioramento degli equilibri di bilancio, impone all'esecutivo guidato dal Cavaliere l'emanazione di un ulteriore decreto-legge di correzione dei conti pubblici, noto come "manovra di Ferragosto". Con questo provvedimento, viene stabilito tra le altre cose l'aumento dell'aliquota ordinaria IVA dal 20 al 21%.

Dicembre 2011 (governo Monti): il decreto "Salva-Italia" sostituì il futuro taglio delle agevolazioni fiscali sul reddito con l'aumento dell'aliquota ordinaria IVA dal 21 al 23% (e dell'aliquota ridotta dal 10 all'11%), a decorrere dal 1° ottobre del 2012. Dal 1° gennaio 2014 le aliquote sarebbero poi aumentate di un ulteriore 0,5%. Il governo tecnico scelse dichiaratamente che l'aumento delle entrate - già disposto dal provvedimento di luglio del governo Berlusconi - incidesse sui consumi e non sui redditi, nella prospettiva di traslare il peso della tassazione dalle persone alle cose. Il PDL, come il PD, votò a favore del provvedimento.

Luglio 2012 (governo Monti): il provvedimento sulla "spending review" posticipa l'aumento di due punti percentuali dell'aliquota IVA dal 1° ottobre 2012 al 1° luglio 2013 (9 mesi dopo) e, soprattutto, prevede a regime la riduzione dell'aliquota dal 23 al 22% a partire dal 1° gennaio 2014, in luogo dell'ulteriore aumento di mezzo punto percentuale. In sostanza, l'aliquota del 23% avrebbe avuto valore solo per 6 mesi, per poi essere ridotta di un punto. La proroga e il ridotto inasprimento a regime erano resi possibili dai risparmi di spesa emersi dalla revisione della spesa disposta dal governo.

Dicembre 2012 (governo Monti): la Legge di Stabilità per 2013 riduce l'aumento di due punti percentuali (dal 21 al 23%) ad un solo punto (22%), a partire dall'ottobre 2013, ed elimina l'aumento dell'aliquota agevolata del 10%.

Giugno 2013 (governo Letta): l'aumento dell'aliquota IVA di un punto è prorogato al 1° ottobre 2013.

Settembre 2013 (governo Letta): le tensioni nella maggioranza di governo fanno saltare l'ipotesi di abolizione dell'aumento programmato dell'aliquota IVA al 22% o di un suo ulteriore rinvio. Da sottolineare che, secondo le intenzioni del governo riportate dagli organi di stampa, l'eventuale abolizione sarebbe avvenuta con un contestuale aggravio delle accise sui carburanti.